«Era un tipo molto esigente quando dirigeva, incline a improvvisi attacchi d’ira. Sul set era un padrone assoluto, d’altronde lui stesso lo diceva che fuori dal set si sentiva vuoto.
Apparentemente gentile, in realtà un despota. In privato era un disastro». In che senso? «Prima di tutto non aveva rispetto delle donne, affamato di sesso chiedeva prestazioni particolari».
«Gli devo certamente molto, ma anche lui deve molto a me. Anzi, forse più lui a me che io a lui per la famosa scena nella fontana di Trevi. Fellini era uno che carpiva idee agli altri, persino all’ultimo dei macchinisti, e le faceva proprie, senza poi riconoscerne la paternità a chi di dovere».
«Può non credermi, ma Federico era proprio così, ma anche in questo suo carattere impossibile risiedeva la sua grandezza, non era certo un tipo ordinario». «Era invidioso dei suoi colleghi registi, parlava male di tutti, però davanti faceva loro i complimenti».
«Ricordo che aveva parole sprezzanti per Rossellini, Antonioni. Di Luchino Visconti una volta si lasciò sfuggire un giudizio irripetibile».
«Sì, ma quello che mi dava fastidio è che lui era falso, voleva apparire diverso da ciò che era, non era coerente. Era un uomo razionale che dimostrava poi di essere assolutamente irrazionale». «Tutti sanno che era fissato con maghi e veggenti, come una donnetta... diciamola tutta, era un provinciale. Si affidava alla divinazione di sensitivi, figuriamoci... e per me, che sono sempre stata con i piedi piantati a terra, era francamente insopportabile».
(Anita Edberg chiese che fosse pubblicata dopo la morte, ma non dissimili altre confessioni di suoi collaboratori, e celebri i tradimenti e sceneggiatori a cui rubava idee e corna, sono stati taciuti e sommariamente e sporadicamente raccontati, il resto del racconto della sua attrice icona lo trovate qui.
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