Visualizzazione post con etichetta politica culturale e censura. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta politica culturale e censura. Mostra tutti i post

Attenti camerati, il nemico e' in un bicchiere di vino ...


Camerati, hanno detto pane e lavoro; ma non è meglio pane e un bicchiere di vino? 


(dal film Amarcord, sui cui temi, infanzia, fascismo, poesia, Italia, carattere, trovate moltissime tag ed altre letture)



 “Rimini e' un pastrocchio, confuso, pauroso, tenero” dove “la nostalgia si fa più limpida” (Fellini, 1974).
 Il film,  vuole essere “commiato definitivo” (ibidem) dal “fatiscente e sempre contagioso teatrino riminese” (ibidem) un addio a “quell'inguaribile adolescenza che rischia di possederci per sempre” [...]  
Come ha scritto Tullio Kezich, è interessante che una denuncia così spietata nei confronti del fascismo, pur con un umorismo leggero, venga da un autore che si dichiarava “impolitico” (Kezich, 2002) [...] 



Fellini osservava che il fascismo e l'adolescenza erano (sono?) in un certo senso “stagioni permanenti” del carattere italiano, sempre bambino con “l'eterna premessa” del regime [...]  “Questa Rimini della mia infanzia ha qualcosa di vagamente repellente (…) un'aria lievemente fetida, un calore esilarante impercettibilmente manicomiale” 


(Fellini, 1974). 



Questi brani sono stati tratti da un numero monografico 

dedicato a Fellini, di Quaderni d'altri tempi, con tre
 interventi originali, che trovate qui per intero. Sono interessanti. 
Immagini dal set e dalle scene di AMARCORD

 



Lo specchio




"La dolce vita e' un film veritiero: ed e' perché colpisce orribilmente la vita di molti, che taluni hanno reagito anche sulla stampa. Vi si sono visti descritti ed hanno avuto paura di se stessi".





Archivescovo di Genova Giuseppe Siri, interpellato da Padre Arpa, per mitigare o liberare la censura  sul film di Fellini. Nel menu' semantico trovate l'intera vicenda, raccontata sempre da altri. Vale la pena conoscerla. 

Questo archivio funziona come una mappa mentale, e per questione di stile tra immagini e testi non ci sono che legami casuali; conosci te stesso potrebbe essere il suo motto, ma non lo e' per davvero, solo fate da soli. E siate gentili, lasciate un messaggio del vostro passaggio, condividete le paginette che vi fossero servite, in fondo tutto quel che serve. I link esterni, sempre indicati come QUI, portano fuori dal blog. 
 

La macchina da scrivere



Federico Fellini – il 14 novembre 1942 – scrisse per il Marc'Aurelio un racconto nel quale raccontava il suo primo volo in aeroplano: «….Volavo, ero in cielo, e le case, le strade, gli amici, la macchina da scrivere, il giornale, voi tutti restavate piccini e dimenticati su questa cosa rotonda che si chiama terra». Mi ricordo da ragazzo, l'arciprete, che diceva ve lo faccio vedere io che ci faccio con questo giornale, ecco cosa ci faccio, e ne fece una palla e gli diede fuoco, e lo getto' in mezzo ai banchi tra i fedeli. Questo luogo si aggiungeva, sognati, come il Colosseo, il Club Apollo, l'Altare della Patria e il Marco Aurelio" ricorda, con distacco divertito.   









Giornale umoristico che esisteva prima della guerra e duro' fin dopo alla guerra, e aveva una funzione di commento settimanale ai fatti del giorno, dal punto di vista comico, satirico, e di critica a destra e a sinistra. La rivista andò avanti  dal 1931 fino al 1943, anno in cui cessarono le pubblicazioni. Se ne intravede la storia, e la ragione di certi legami di amicizia ed artistici, nell'ultimo filmino di Ettore Scola "Che strano chiamarsi Federico". Meno che 20enne Fellini divenne abbastanza celebre con le “Storielle di Federico”, che venivano raccontate in varie sequenze da lui illustrate, per la rivista, a viale Regina Elena, a Roma, dove conobbe il favoloso Giggione e Steno e Geleng e tanti altri, ma soprattutto forse conobbe il fascismo attraverso il sistema governativo della censura, e la fronda che gli resisteva creativamente dell'epoca (Gabriele GalantaraFurio ScarpelliAge, Gioacchino Colizzi detto AttaloVittorio MetzMarcello Marchesi, Steno, Giovanni Mosca, Mario BavaEttore ScolaWalter FacciniCesare Zavattini)Dopo la Liberazione ci furono diversi tentativi di riesumare il Marc’Aurelio, poi nel 1955 l’editore Corrado Tedeschi lo trasferì a Firenze dove ebbe ancora una vita, fino al 1958. Qui qualche ricordo di Geleng, Scola, Fellini e il commento di uno storico, sull'umorismo che accadde in quel luogo, e il resto. Qui invece la puntata della Tv pubblica che ne racconta pedagogicamente la storia.

La mala-education negli occhi




"Il gusto del pubblico verso il cinema è cambiato a causa della televisione che ha creato uno spettatore impaziente, febbrile, diseducato, cioè tutto il contrario dello spettatore riflessivo che vuole assaporare, assimilare, capire, ripensare".






Questo piccolo archivio-omaggio funziona come una mappa mentale, navigatelo e condividete i post che leggete o lasciate un piccolo segno del vostro passaggio.. Sul tema della televisione oggi ancora attualissimo ci sono vari brani, e tra queste tag ne trovate: televisione, italia, politica culturale, mestiere del poeta. 











Le muse e Fernet


Uno scrittore italiano di gialli trasforma la storia del film incompiuto di Fellini, in un thriller misterioso, ad uso di un pubblico non aduso a niente.
Il tutto dura una mezz'oretta.  

Il film e' Il viaggio di Mastorna che cominciato piu' volte sarebbe stata la impresa artistica  e imprenditoriale dedicata al racconto coraggioso da ogni punto di vista, visivo e teologico e produttivo, ad un ipotetico aldila', uguale all'ipotetico aldiqua. 

Per il protagonista si fece il nome di Mastroianni, il set viene costruito, il costumi fatti, il racconto completo, ma la leggenda felliniana racconta che il suo mago glielo sconsiglio', e che si ammalo', e che guari', e che poi il produttore, De Laurentis, gli levo' la pelle e la casa a Fregene, per essersi tirato indietro. 

La trovate comunque QUI

Se ne sconsiglia la visione a coloro che non siano proprio appassionati al tema. 

Bello il ricordo dello scrittore Cavazzoni, sullo stupor mundi, che riporto con cortesia che, come tanti altri autori uomini italiani (l'hastag sarebbe tutti maschi ma ci si stanca anche di dirlo) lui non mi ha usato. 

" ... il film partì nella fase preparatoria, nel senso che andammo a fare i sopralluoghi. Si doveva girare in Croazia e Slovenia, perciò visitammo le montagne del Carso dove scorre il fiume Timavo, che ha scavato grotte nelle Alpi carsiche, come quella di Postumia, impressionante e potenziata a suo tempo da Mussolini, che ne fece un polo turistico, costruendo una ferrovia di quattordici chilometri nelle viscere della terra. In quella zona ci sono anche altre grotte di terrificante suggestione. 

 [...] Gustavo Rol, famoso mago torinese che ho conosciuto bene, lo aveva sconsigliato. E Fellini non faceva neppure colazione la mattina se prima non parlava con Rol. Il quale, riguardo a Mastorna, era stato categorico: accantonalo, potrebbe essere l' ultimo film della tua vita, smuove energie pericolose. 

Quando il produttore De Laurentiis annunciò quella sua nuova impresa, Fellini s' ammalò gravemente. Ma dal momento in cui disse a De Laurentiis di voler rinunciare al film maledetto cominciò a sentirsi meglio, finché guarì del tutto".  

Il resto di questo brandello di ricordo, tratto da La Repubblica, lo trovate qui




Alcuni artisti invece creano qui un rubamatic, ovvero immagini rubate dalla rete, che potrebbero restituire il film mai fatto. L'esperimento sempre surreale, su "La storia di uno che e' morto ma lui non lo sa" cosi' Fellini avrebbe desc
ritto questo suo tentativo, una sintesi che ci ricorda immediatamente  oltre a Dante, la storia benissimo realizzata di The Others, da Alejandro Amenábar, non so quanto dichiaratamente ispirata a Giro di Vite, di Henry James, una delle piu' belle novelle gotiche e sull'infanzia della storia della letteratura. 

Il video-matic lo trovate qui.  E' stato autoprodotto da Bamboo Productions, 2014.



Opporsi al processo del reale



La censura e' sempre uno strumento politico, non è certo uno strumento intellettuale. Strumento intellettuale è la critica, che presuppone la conoscenza di ciò che si giudica e combatte. 


Criticare non è distruggere, ma ricondurre un oggetto al giusto posto nel processo degli oggetti. Censurare è distruggere, o almeno opporsi al processo del reale. 

C'è una censura italiana che non è invenzione di un partito politico ma che è naturale al costume stesso italiano. C'è il timore dell'autorità e del dogma, la sottomissione al canone e alla formula, che ci hanno fatto molto ossequienti. 
Tutto questo conduce dritti alla censura. 
Se non ci fosse la censura gli italiani se la farebbero da soli.