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La musica, se non ci fossimo capiti

La musica, Fellini avrebbe voluto vietarla, per troppa malinconia, per troppo perturbamento diremmo oggi, psicoanaliticamente.  Lo fece dire dentro La Prova d'Orchestra.

Detto da uno che in Amarcord rappresenta i fascisti come gente che spara alle note, in cielo. Non so se ci siamo capiti ... 



"Si, me ne sono sempre un pochino difeso, ci vorrebbe uno psicanalista di genio per cercare di individuare che cos'è che mi aggredisce in modo tale da preferire di sfuggire la musica.Mi porto appresso 4-5 motivi, che sono quelli che ho sentito da bambino. 

La marcetta dei gladiatori, la Titina, Rumba ... Si vede che devono essere stati dei motivi traumatizzanti per me.  
[Non so spiegarmelo], si ripropone sempre il solito mistero: perché una nota, seguita da una pausa, e poi da un'altra piccola nota, deve strangolarti di emozione?.


A che cos'è che allude? Di che cosa parlano? Perché la musica ha questa immediatezza, ti fa arrendere, ti consegna." A che cos'è che allude?. Di che cosa parlano? ... 
Perché la musica ha questa immediatezza, ti fa arrendere, ti consegna ...".



Qui  tutta l'intervista radio, meravigliosa, che lascia intravedere qualcosa, di quel legame, immagini e musica, Rota che considerava come un medium, un sacerdote, e qualche volta un angelo, musica indimenticabile e che tanta parte fanno del fascino, della sua riconoscibilita', e del tono emotivo, del ritmo, ma diciamo della ombra sonora dei suoi affresconi. 


La musica, quella cosa che non conclude come diceva qualcuno. 
Mi permetto di segnalare anche questo coso qui.  
Mi rendo conto bisogna sentire almeno un motivetto di Rota.



Qui un marcetta "di Carlotta", composta pare, dal vero Maestro Rota. Incantata, grazie. 


Nino gnome

Di nicchia. 
Audio su Nino Rota, magnifico elfo e grande conforto spirituale ed artistico di Federico Fellini Qui.

Nino Rota raccontato dal collega  Piovani che prese il suo posto, alla sua morte, invece lo trovate Qui.






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Le parti mancanti del passato



“Felice chi entra sotto terra dopo aver visto [idòn] quelle cose: conosce [oîde] il compimento della vita, conosce [oîden] anche il principio dato da Zeus” frammento di Pindaro (fr. 137)




Spoiler. 

Confesso: il mio film preferito.  

E nulla di quello che evoca, immagina, crea insieme a quel genio di Danilo Donati, e ci propone visivamente, e' cio' che resta dentro (detto rozzamente, poi lo vedete).  Molto dipende  che sono romana, circondata da sassi, epigrafi, suggestioni, presenze di questi Marziani che erano i Romani,  mentre Nino Rota lavorando sull'idea di sentirsi estranei uso' le musiche del teatro giapponese: interessante, no? . 



A proposito di Fellini-Satyricon ricorda: "Durante la convalescenza dalla pleurite allergica avevo riletto Petronio ed ero rimasto affascinato da un particolare che prima non avevo saputo notare; le parti mancanti, cioè il buio, fra un episodio e l’altro. Già a scuola, quando si studiavano i prepindarici, avevo cercato di riempire con l’immaginazione il vuoto fra i vari frammenti. […] Ma quella faccenda dei frammenti mi affascinava davvero. Mi colpiva l’idea che la polvere dei secoli avesse conservato i battiti di un cuore ormai spento. Convalescente a Manziana, nella bibliotechina di una pensione, mi capitò in mano Petronio: tornai a provare una grande emozione. Mi fece pensare alle colonne, alle teste, agli occhi mancanti, ai nasi spezzati, a tutta la scenografia cimiteriale dell’Appia Antica o in generale ai musei archeologici. Sparsi frammenti, brandelli riaffioranti di quello che poteva anche essere considerato un sogno, in gran parte rimosso e dimenticato. Non un’epoca storica, filologicamente ricostruibile sui documenti, positivisticamente accertata, ma una grande galassia onirica, affondata nel buio, fra lo sfavillio di schegge fluttuanti, galleggianti fino a noi. Mi pare di essere stato sedotto dall’occasione di ricostruire questo sogno, la sua trasparenza enigmatica, la sua chiarezza indecifrabile. 

Con i sogni, appunto, succede la stessa cosa. Essi hanno dei contenuti che ci appartengono profondamente, attraverso i quali noi esprimiamo noi stessi, ma alla luce del giorno il solo rapporto conoscitivo che possiamo avere con essi è di natura concettualistica, intellettuale. Per questo i sogni appaiono alla nostra coscienza così sfuggenti, incomprensibili ed estranei. Il mondo antico, mi dissi, non è mai esistito, ma non c’è dubbio ... Lo sforzo sarebbe stato quello di annullare il confine fra sogno e fantasia, di inventare tutto e poi oggettivare questa operazione fantastica, distaccarsene, per poterla esplorare come qualcosa allo stesso tempo di intatto e irriconoscibile".





"L’analogia c’è, ma non è stata voluta in modo consapevole. […] 

Si potrebbe dire per esempio che quella di Petronio è una società al tramonto alla quale seguirà un’epoca nuova, quella cristiana, con un indirizzo nuovo, un linguaggio assolutamente sconosciuto, che lascia gli uomini in un profondo smarrimento. Lo stesso smarrimento, forse, la stessa golosità di vivere, la stessa ricerca sgangherata di oggi di fronte alla sensazione che si sta verificando un mutamento molto profondo, al quale la nostra generazione non è preparata (e che perciò resta sull’altra riva a guardare delle forme confuse, che oggi possono essere la rivolta dei giovanissimi e tutto ciò che i giovani rappresentano o tendono a rappresentare: e che ieri, per i pagani potevano essere i primi cristiani". “Non si sa mai perché si fa un film piuttosto che un altro. Almeno io non lo so. E non mi interessa nemmeno di saperlo. Sollecitato da amici giornalisti posso inventare dei motivi, delle ragioni, chiacchierando in malafede di urgenze, coincidenze, analogie, sdegni, nostalgie e memorie. Sono tutte storie, una girandola di paraventi e di etichette che, in parte inconsapevolmente, hanno la funzione di proteggere la crescita imprevedibile e reale di ciò che voglio fare. Certo, un pretesto per partire è necessario, come è necessario andare alla stazione o all’aeroporto per iniziare un viaggio, ma che cosa sarà il viaggio, il suo senso segreto, il suo ritmo vitale se ne potrà parlare solo alla fine. Perché il Satyricon? Lo so meno di voi ..."



GRAZZINI 20042, pp. 136-137.  
Analoghe dichiarazioni si possono trovare in varie interviste rilasciate da Fellini sul film, ma qui in forma piu' distesa, dunque mi scuso per le eventuali ripetizioni che trovate in questo archivio, d'altro canto pensato come una mappa mentale, conoscete voi stessi. n particolare un’utile antologia di testi e notizie varie, oltre alla sceneggiatura e al trattamento, sempre sullo stesso grandioso esperimento di film storico, è raccolta in ZANELLI (a cura di) 1969.  F. Fellini in Erotismo 1969, p. 14. Rivista di teatro il Dramma, 1969





La sfera celeste di Nino




"Ma il collaboratore più prezioso di tutti, posso rispondere senza riflettere, era Nino Rota. Tra noi c'è stata subito un'intesa piena, totale, fin dallo Sceicco bianco, il primo film che facemmo insieme. La nostra intesa non ha avuto bisogno di rodaggio. Io mi ero deciso a fare il regista e Nino esisteva già come premessa perché continuassi a farlo. 

Aveva una immaginazione geometrica, 

una visione musicale da sfere celesti, 
per cui non aveva bisogno 
di vedere le immagini dei miei film. 

Quando gli chiedevo quali motivi aveva in mente per commentare questa o quella sequenza avvertivo chiaramente che le immagini non lo riguardavano: il suo era un mondo interno, in cui la realtà aveva scarsa possibilità di accesso. Viveva la musica con la libertà e la facilità , di una creatura che viva in una dimensione che le è spontaneamente congeniale. 

Era una creatura che portava con sé una qualità rara, quella qualità preziosa che appartiene alla sfera dell'intuizione. Era questo il dono che lo manteneva così innocente, aggraziato, lieto. Ma non vorrei essere frainteso. 
Quando si presentava l'occasione, o anche quando l'occasione non si presentava, diceva delle cose acutissime, profonde, dava giudizi di impressionante esattezza su uomini e cose. 



Come i bambini, come gli uomini semplici, 

come certi sensitivi, come certa gente 
innocente e candida, 
diceva improvvisamente 
delle cose abbaglianti...


Durante la lavorazione dei miei film ho l'abitudine di usare certi dischi in sottofondo; la musica può condizionare una scena, darle un ritmo, suggerire una soluzione, un atteggiamento del personaggio. Ci sono dei motivi che mi porto dietro da anni, vergognosamente, La Titina, la Marcia dei Gladiatori, che sono legati a precise emozioni, a temi viscerali. Poi ovviamente capita che quando ho finito di girare il film mi affeziono a quella colonna sonora improvvisata e non vorrei più cambiarla. Nino mi dava subito ragione, diceva che i motivi con i quali avevo girato erano bellissimi (anche se si trattava della più zuccherosa e sgangherata canzonetta), che erano proprio quelli giusti e che lui non avrebbe saputo fare di meglio. E mentre diceva così giocherellava con le dita sul pianoforte. «Che cos'era questo?», domandavo io dopo un po'; «Cosa suonavi?» «Quando?» chiedeva Nino con aria distratta. «Adesso - insistevo - mentre parlavi hai suonato qualcosa». «Ah, sì? - diceva Nino - Non so, non mi ricordo più». E mi sorrideva con l'aria di volermi tranquillizzare: non dovevo aver rimorsi o scrupoli, i dischi che avevo usati erano bellissimi. E intanto continuava ad accarezzare la tastiera del pianoforte come per caso qua e là.

Nascevano così i nuovi motivi del film che mi conquistavano subito, e mi facevano dimenticare le suggestioni delle vecchie canzonette usate durante le riprese. 

Io mi mettevo lì, presso il piano, a raccontargli il film, a spiegargli cosa avevo voluto suggerire con questa o quella immagine, con questa o quella sequenza; ma lui non mi seguiva, si distraeva, pur se annuiva, pur se diceva di sì con grandi gesti di assenso. In realtà stava stabilendo il contatto con se stesso, con i motivi musicali che già aveva dentro di sé. E quando quel contatto veniva stabilito, non ti seguiva più, non ti ascoltava più, metteva le mani sul pianoforte e partiva come un medium, come un vero artista. 
Alla fine gli dicevo: «È bellissimo!». 

Ma lui mi rispondeva: 

«Non me lo ricordo già più». 
Erano delle catastrofi 
alle quali in seguito facemmo fronte con i magnetofoni, i registratori. Ma bisognava metterli in funzione 
senza che se ne accorgesse, 
altrimenti il contatto con la sfera celeste si interrompeva [...] 







QUALCHE DETTAGLIO PRATICO PER ANDARE AVANTI O PERDERVI CON GIOIA: 

Vedrete che ho trascurato quasi interamente pettegolezzi, e letture agiografiche e tutta quella narrativa marketing o delle fazioni della battaglia politica, a meno che non potesse essere utile a fare un ritratto dell'epoca, inoltre ho dato molto spazio alle cose minori, silenziose, come ad esempio Nino Rota, senza la cui presenza l'arte di Fellini non sarebbe universalmente nota e riconoscibile, per il suo suono,  come e'. 
Dove ho potuto ho citato la fonte. Le immagini non sono mai o quasi mai legate ai testi, per motivi di stile e per le stesse ragioni invece quando uscite dal sito dovete ritornarvi da voi. Qualche volta i brani sono in in lingua originale, soprattuto documenti e recensioni, e lo indico sempre. Le pochissime cose oltre a questa che ho scritto io medesima, e non sono pensieri di Fellini, o di interesse sulla sua storia nella storia culturale del paese o sulla sua poetica, di solito di altri artisti o suo cari amici, viene indicato anche nelle tag, come "la nana di fellini". 

Su Twitter, Pinterest e Facebook nel tempo, per motivi diversi, ho creato delle piccole vetrine, in inglese anche,  di questo progetto, che spero possa scuotere soprattutto il mondo della cultura e delle arti, e ispirarci. Siate gentili. 



Qui un marcetta "di Carlotta", composta pare, dal vero Maestro Rota. Cose bellissime. Grande gratitudine ai maestri e le maestre. Love. 







Il censore vs. l'uomo del sacco





Questo interessantissimo, e per me illuminante brano, e' tratto da "Federico Fellini, Intervista sul cinema", a cura di Vieri Grazzini, un critico italiano e produttore, a cui devo molto, avendo egli, con infinita pazienza ed eleganza, per anni, di notte, in TV curato rassegne anomale, del cinema americano degli inizi del secolo scorso, in lingua: e la sua passione fu evidentemente come contagiosa. Il libro in questione invece venne  pubblicato da Laterza, Roma-Bari, 1983, pp. 102-103.  


QUI  propongo il trailer americano, molto enfatico ma tenero che rese una star e un'icona mondiale indimenticata Giulietta Masina, premio migliore attrice straniera, e premio miglior film agli Oscar. Musiche di Nino Rota, dialoghi di Pasolini.  




[...]  La censura aveva proibito il film e io non volevo che bruciassero i negativi. Così, seguendo il consiglio di un amico gesuita intelligente e forse un po’ spregiudicato, padre Arpa, andai a Genova da un cardinale famoso, considerato uno dei papabili e forse anche per questo assai potente, per chiedergli di vedere il film. In una minuscola saletta di proiezione situata proprio dietro il porto, aveva fatto mettere, al centro, una poltrona comprata il giorno prima da un antiquario, una specie di trono con un gran cuscino rosso e le frange dorate. Il cardinale arrivò a mezzanotte e mezza sulla sua Mercedes nera. 
A me non fu concesso di restare nella sala e non so se l’alto prelato vide davvero tutto il film o se dormì; probabilmente padre Arpa lo svegliava nei momenti giusti, quando c’erano processioni o immagini sacre. 
Fatto sta che alla fine disse: 'Povera Cabiria, dobbiamo fare qualcosa per lei!'. 
E penso che gli sia bastata una semplice telefonata.

 Qualcuno mi accusò pubblicamente di essere una specie di Richelieu, che invece di combattere alla luce del sole, tramavo dietro le quinte; per fortuna allora c’era la possibilità di perdere tempo in polemiche di questo genere. Ma insomma, il film fu salvato. A una stranissima condizione, però, posta dal cardinale: che fosse tagliata la sequenza dell’uomo col sacco. [...] 

L’episodio mi era stato ispirato da uno straordinario personaggio col quale avevo passato due o tre notti in giro per Roma: una specie di filantropo, un po’ mago, che in seguito a una visione s’era dedicato a una particolare missione: raggiungeva i diseredati nei punti più strani della città e distribuiva a tutti cibi e indumenti che teneva in un sacco. Questo ogni giorno. Con lui ho visto cose da fiaba. Sollevando la grata di certi tombini dove immaginavi ci fossero solo fango e topi, trovavi una vecchina che dormiva. Nei corridoi di un sontuoso palazzo di via del Corso, dove adesso c’è il Partito socialista, c’erano dei vagabondi che dormivano fino alle cinque della mattina, fatti entrare di nascosto dal guardiano di notte. L’uomo del sacco conosceva tutti questi posti: a uno faceva una iniezione, all’altro dava da mangiare. 



Nel film immaginai che Cabiria lo incontrasse sull’Appia Antica, mentre tornava a casa alle prime luci dell’alba brontolando perché un cliente mascalzone non l’aveva pagata. Vedeva l’uomo del sacco scendere da una macchinetta e avviarsi verso le cave di tufo, fermarsi sul ciglio di una specie di grande voragine e chiamare per nome una donna; da un lurido anfratto usciva allora una vecchia puttana che Cabiria conosceva come la Bomba Atomica, ridotta ormai a condurre una vita da topa. Poi Cabiria accettava di tornare a casa sulla macchinetta dell’uomo del sacco e restava molto colpita dai suoi racconti. 


Era una sequenzina molto commovente, ma che fui costretto a togliere; evidentemente in certi ambienti cattolici dava fastidio che nel film ci fosse quell’omaggio a una filantropia del tutto anomala, affrancata da mediazioni ecclesiastiche.  E non è ridicolo che il sindaco di Roma, quando uscì Cabiria, protestasse perché avevo messo le puttane in un luogo – la Passeggiata Archeologica – che lui s’era tanto adoperato a render degno della capitale? [...] 




QUALCHE DETTAGLIO PRATICO:   
Vedrete che ho trascurato quasi interamente pettegolezzi, e letture agiografiche e tutta quella narrativa marketing o delle fazioni della battaglia politica, a meno che non potesse essere utile a fare un ritratto dell'epoca, inoltre ho dato molto spazio alle cose minori, silenziose, come ad esempio Nino Rota, senza la cui presenza l'arte di Fellini non sarebbe universalmente nota e riconoscibile, per il suo suono,  come e'. 
Dove ho potuto ho citato la fonte. Le immagini non sono mai o quasi mai legate ai testi, per motivi di stile e per le stesse ragioni invece quando uscite dal sito dovete ritornarvi da voi. Qualche volta i brani sono in in lingua originale, soprattuto documenti e recensioni, e lo indico sempre. Le pochissime cose oltre a questa che ho scritto io medesima, e non sono pensieri di Fellini, o di interesse sulla sua storia nella storia culturale del paese o sulla sua poetica, di solito di altri artisti o suo cari amici, viene indicato anche nelle tag, come "la nana di fellini". 
Su Twitter, Pinterest e Facebook nel tempo, per motivi diversi, ho creato delle piccole vetrine, in inglese anche,  di questo progetto, che spero possa scuotere soprattutto il mondo della cultura e delle arti, e ispirarci. Siate gentili. 

Qui un marcetta "di Carlotta", composta pare, dal vero Maestro Rota.


Il silenzio della musica



Questo il brano che venne scelto, per la messa di Federico Fellini, a Santa Maria degli Angeli e Martiri, a Roma. 

QUI lo ascoltate in una versione registrata in studio. Si titola "Improvviso dell'Angelo", di Nino Rota, un brano eseguito allora dal vivo da Mauro Maur (tromba) e da Luigi Celeghin (Organo).



Qui l'archivio prezioso dei beni musicali dedicato al lavoro di Nino Rota, nato nel 1911 e morto nel 1979. Nell'immagine i due abbracciati e sorridenti. In questo archivio trovate molti riferimenti al loro rapporto, tra i tanti, di vera amicizia, e anche al metodo del lavoro di Rota col cinema di Fellini, e di Fellini medesimo con la musica. Lasciate un messaggio, infondo alla pagina, se lo desiderate; cercate voi stessi a partire dalla piccola mappa che trovate alla destra del vostro schermo.








La musica troppo celeste



''La musica mi turba, preferisco non sentirla: per me è un'invasione, come una possessione. E questo tipo di invasione che mi allarma, mi risucchia: quindi se non ha a che fare con la mia professione, quindi colla mediazione e la protezione, io in generale la evito. La musica mi domina, io quando lei c'è non consisto, forse ho un ego molto fragile ...  
Ma la musica agisce ad un livello così profondo che ci si può andare in guerra, si possono esaltare le folle. Avverto nella musica questa minaccia, un risucchio pericoloso. Forse c'è anche qualcos'altro, ecco: la musica ha anche qualcosa di ammonitorio, nelle sue leggi perfette, evocate ed espresse, queste leggi sottili, allude ad un regno che non puoi abitare, mi pare anche che abbia qualcosa di moralistico, che ci vuole ammonire. Che richiama un mondo celeste, perfetto. 

Io voglio essere imperfetto, sgangherato, voglio vivere come un cane che va ad annusare i cartocci a destra e sinistra. Rimando ammirato e sgomento quando vedo che Nino (Rota) al punto la abita, questa perfezione, che non la avverte nemmeno''.

 Tutto un discorso insieme assurdo e meraviglioso.Qui.



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Can you find if it is beautiful?.


"Nino couldn't make music all day, an initiatory, priestly aspect, he spent two hours, but the real hours in which he came into contact were at sunset, and I also went to his house in the evening. Nino doesn't have films. I’ve never seen him. I sometimes checked on him, but even before the light in the room went out, like babies or angels, he slept. Even when there was a reverberation in the room, Nino slept. He woke up at times and said “what a beautiful tree, where did you find it?"



Le poche amicizie, i molti amici


Fellini ha avuto molti amici, ma poche amicizie: i molti amici sono stati e sono la sua grande famiglia, composta di attori, attrici, di tecnici, di maestranze e stabili e di passaggio, testimoni e artefici delle sue avventure. 

Amicizie poche: amico persona da sempre, il pittore e scenografo Rinaldo Geleng, al quale Fellini era legato da stima e da un affetto mai appassiti, affetto e stima coi quali Geleng ha accompagnato e sostenuto Fellini nel duro calvario che lo avrebbe condotto alla morte. 


L'amico all'univoco Tornino Guerra, nel senso che Federico e Tonino vivevano un gemellaggio estetico, che ha punteggiato le piu' sorprendenti folgorazioni del regista. Amico ed ispiratore il poeta Andrea Zanzotto. 


Nell'amicizia Mario Longardi, depositario della privacy di Fellini e gestore discreto della sua comunicazione con l'esterno, e negli ultimi anni Pietro Notariani. 
Fuori schema Brunello Rondi, ideatore e sceneggiatore. 


Sempre in campo Leopoldo Trieste, attore all'unisono. Ancora negli ultimi anni Gianfranco Angelucci, autore di una tesi sul Satyricon.
Tra le donne, non l'unica ma certamente la piu' esemplificativa, Liliana Betti, autrice a sua volta di una singolare e per me interiore biografia di Fellini, insieme alle mai svanite presenze di Fiammetta Profili e di Norma.


Non parlo di Zavoli, perche' il suo rapporto con Fellini non e' dicibile. Primo ed ultimo il Teatro 5 di Cinecitta', amico dei sogni, e custode della sua creativita': su nicchia a parte, infine, Rome de Mario. Tra amici ed amicizie non annovero NIno Rota, perche' Nino e' l'altra costola di Fellini.





Brano tratto da "L'amicizia", pagina 147, La Dolce Vita, edizioni Sabinae, Roma, di Padre Arpa, pubblicato nel 2009, da un insieme di pensieri, appunti nel diario, ricordi, e altre cose private del rapporto tra Arpa e Fellini, ed altri. L'elenco sembra molto puntuale, e coi pochi. 

Il libro contiene per intero anche la vicenda dello scandalo, la bomba, la censura e la mediazione, per far uscire La Dolce Vita. Nella foto centrale la famiglia Fellini, con Riccardo e Federico, ormai 70enni. 


La fuga da Tuluca


Dino (De Laurentis) ripeteva: "padre, questo e' un film sulla morte; che interesse puo' avere per il pubblico? Dica a Federico che lasci stare; ha tanta fantasia, puo' inventare gioielli come Cabiria o La strada. 
Arpa, gli spiegava: "Il viaggio di Giuseppe Mastorna non e' un film sulla morte, al contrario e' un film sulla vita, piu' propriamente e' una storia sull'immortalita' dell'artista. Se vuoi possa impegnarmi per aiutarti a presentarlo cosi' al pubblico". 


Non se ne fece nulla. 
La vicenda di Mastorna si rivela la piu' misteriosa e trasversale di Fellini personaggio di se' stesso. Ma decisivo in questa vicenda fu l'incontro tra Fellini e Castaneda, a Tuluca, in Messico.  Castaneda fugge, Fellini fu inseguito, da messaggi, minacce, e una paura che lo convinse a tornare a Roma. 

Le ultime emozioni riguardo a I viaggio di Giuseppe Mastorna le ho vissute e sperimentate con Federico e Nino Rota, in occasione di una cena a casa; gli argomenti furono tanti e anche svariati, ma fini' per prevalere la fatica e il gioco del creare. Nino comunicava una spiritualita' cosi' pulita e cosi' puntuale da condizionare l'ascoltatore ad un silenzio a vista. Quando si venne a parlare del film disse: "Federico, l'idea della morte mi e' congeniale da sempre, ma il viaggio a morte di Mastorna dovro' accompagnarlo con motivi e tonalita' prive di ogni vanita'". 



Brano tratto da"Il sublime ne Il viaggio di G. Mastorna", dove Padre Arpa ricorda il primo trattamento del film mai fatto, e i propri ricordi, edizione Sabinae, 2019. Sugli altri film non fatti cercate tra questo archivio sotto la voce "incompiuti". In fondo alla paginetta quando necessario per proseguire, lasciare un vostro messaggio o condividere questo brano. Nella foto in alto il primissimo film, la commedia sentimentale, Agenzia Matrimoniale.