Ho qui trascritto per 7 anni quello che Federico Fellini (5 Premi Oscar) ha detto, inventato o lasciato dire di sé: ma poco di cinema, molto sul mistero dell'arte e quello umano. Cercate voi stessi, come rabdomanti, e le cose che vi servono amatele. Non amava monumenti e pescecagnacci, ma bambini e donne. Per donare: carlotta.mc@gmail.com. Chi sono: https://about.me/carlotta.mc
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Il male era finito
Dopo la guerra dominava il sentimento della rinascita, della speranza: tutto il male era finito, si poteva ricominciare. Adesso, non so se quest'ombra che si allunga sull'Italia preveda una resurrezione. Dopo la guerra, si aveva il sentimento d'aver patito sciagure immeritate ma che facevano parte della Storia, che rendevano partecipi della Storia: non era certo un conforto, ma alle sofferenze dava un senso, un riscatto. Adesso questo manca del tutto: c'è soltanto il sentimento d'un buio in cui stiamo sprofondando.
Dall'intervista «Non scherziamo, la vera paura è finita quarantotto anni fa», La Stampa, 22 settembre 1992, p. 5. E pure questo piccolo archivio digitale funziona come una mappa mentale, usando le libere associazioni, che trovate nella colonnina alla destra dello schermo. Per questo sapere che siete passati da qui, condividendo un post o lasciando nello spazio bianco infondo a questa paginetta, arricchisce questo lavoro (ed e' un gesto di amicizia).
Funny Face Shop
"Nel periodo caotico che seguì la liberazione di Roma il cinema non produceva, i giornali non c'erano più, la radio era nelle mani degli alleati. Con alcuni amici del Marc'Aurelio aprimmo una bottega della caricatura. Si chiamava "Funny Face Shop: profiles, portraits, caricatures". Facevamo ritratti, caricature e disegni per i soldati americani appena sbarcati a Roma.
Avevamo inventato una serie di vignette, di situazioni tipiche: un soldato americano al Colosseo che uccideva un leone, oppure a Napoli su una barchetta che pescava una sirena, o mentre sorreggeva la torre di Pisa con una mano.
Ogni situazione veniva riprodotta in cinquanta, cento esemplari dove la testina veniva sempre lasciata in bianco. Le vignette erano raccolte tutte insieme in un grande album che veniva mostrato ai soldati (...). Una sera il locale era molto affollato, c'era sempre un'atmosfera da saloon, e all'impovviso in mezzo a tante divise dei soldati, ho visto uno in borghese, la faccia pallidina, un mentino aguzzo. Era Rosselini. Lo avevo conosciuto appena prima della guerra, all'Aci Film, una società di produzione di Mussolini: fece segno che mi voleva parlare. Si avvicinò lentamente, e si mise alle mie spalle. Io stavo ritraendo un soldato cinese. Mi chiese se volevo collaborare alla sceneggiatura sulla vita di Don Morosini. Io ero molto occupato colla bottega della faccia buffa, inoltre il cinema allora mi pareva una cosa remota, a noi italiani: ora che stavano ritornando i film di Gary Cooper e chissà quante Harlow (...).

Il film sulla vita, di Don Morosini era Roma città aperta. Sorpresa del neorealismo e risposta al western all'americana.
Avevamo inventato una serie di vignette, di situazioni tipiche: un soldato americano al Colosseo che uccideva un leone, oppure a Napoli su una barchetta che pescava una sirena, o mentre sorreggeva la torre di Pisa con una mano.
Ogni situazione veniva riprodotta in cinquanta, cento esemplari dove la testina veniva sempre lasciata in bianco. Le vignette erano raccolte tutte insieme in un grande album che veniva mostrato ai soldati (...). Una sera il locale era molto affollato, c'era sempre un'atmosfera da saloon, e all'impovviso in mezzo a tante divise dei soldati, ho visto uno in borghese, la faccia pallidina, un mentino aguzzo. Era Rosselini. Lo avevo conosciuto appena prima della guerra, all'Aci Film, una società di produzione di Mussolini: fece segno che mi voleva parlare. Si avvicinò lentamente, e si mise alle mie spalle. Io stavo ritraendo un soldato cinese. Mi chiese se volevo collaborare alla sceneggiatura sulla vita di Don Morosini. Io ero molto occupato colla bottega della faccia buffa, inoltre il cinema allora mi pareva una cosa remota, a noi italiani: ora che stavano ritornando i film di Gary Cooper e chissà quante Harlow (...).

Il film sulla vita, di Don Morosini era Roma città aperta. Sorpresa del neorealismo e risposta al western all'americana.
Questo archivio funziona come una mappa mentale, per associazioni libere, cercate da soli: le immagini solitamente non sono legate ai testi, mentre sempre i link esterni restano esterni, per rispetto della cultura digitale, che questo piccolo spazio testimonia; poi lasciate una traccia del vostro passaggio qui, se volete.
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