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Il cavernicolo e le donne


"Quanto tempo dovra' passare e quali mutazioni profonde dovranno prodursi nella psiche del maschio italiano, prima che tenti di accettare in buona fede di cambiare il suo comportamento sessuale da cavernicolo incoraggiato da una certa morale e da una certa educazione? 

La realtà italiana e' ancora in grande parte questa, nonostante i dibattiti, le tavole rotonde, le proteste in piazza, le nuove riviste e le iniziative per la liberazione delle donne da pregiudizi ancestrali ... 
Come non si può non essere d'accordo con quello che tentano di impostare in una loro lotta in senso politico, una lotta che abbia una effettiva direzione evolutiva? Io spesso li ammiro e li invidio ... 

Pero' mi e' estraneo il tentativo oggi così frequente di far diventare politico, di contrabbandare per politico, un discorso che sarebbe psicologico o artistico. Giustissimo che ci si ribelli. Sacrosanto che agiti rivendicazioni e chieda diritti. Ma il problema vero e' un altro. Cioè la difficoltà, per la donna, di inventare un rapporto con l'uomo del tutto nuovo, un ridimensionamento totale". 







Io e Lei in Panorama, 1974, pagina 114. Immagine da La citta' delle Donne, con Fellini dentro un uovo di Fornasetti, ed un disegno di Manara. Molti i rimandi, simbologie, le facce note, di questo film, sgangherato, imperfetto, confuso, bellissimo, sincero. Sull'educazione raccomando di andare a leggere anche il resto, ci riguarda ancora tutti. Il ridimensionamento totale, ad esempio, sfido a trovare un artista uomo che faccia questo discorso oggi, pane al pane, vino al vino. 


Trovate altri pezzi del puzzle cercando alla destra del vostro schermo:  se qui sotto invece lascerete un messaggio farete sapere che anche voi siete passati da qui.  Grazie. 


“Una donna senza uomo”



Ripubblico qui una recensione di Delfina Metz: dal titolo Così Meri Lao costrinse Fellini a essere sincero, tratta da Il Tempo, del sabato 8 maggio 2004. Un reperto, quasi. Il dibattito femminile, femminista, sul film femminista di Fellini ed il suo rapporto fantasmagorico con le donne. 





Federico Fellini aveva due tabù nel suo rapporto con l’immagine e l’essenza delle donne: la donna incinta e la donna autonoma intellettualmente e sessualmente nei confronti dell’uomo, senza per questo essere lesbica. Ma per realizzare il suo tormentato film “La città delle donne” (1979), verso il quale soffriva di un blocco creativo totale, dovette scendere a patti con i suoi tabù esistenziali. 
E pochi degli estimatori del film sanno che lo sblocco della sua creatività fu opera delle intellettuali e delle artiste femministe di quell’epoca ruggente del movimento, che oggi si ricorda con un malinconico “post” messo davanti alla parola femminismo (un altro tabù culturale di tutti e tutte?). Nel libro “La città delle donne” (Fellini, Betti, Zanzotto; Garzanti editore 1980) a film licenziato, il carismatico regista ringrazia per questo apporto Ippolita Avalli, Leonetta Bentivoglio, Adele Cambria, la sottoscritta Delfina Metz, Jodelle Hawks e Meri Lao per “la collaborazione con suggerimenti e suggestioni alla prima parte del racconto”. Ignora, questo sublime genio della celluloide e sublime “ladro” di idee (Flaiano ne sa qualcosa. Idee che, del resto, lui interpretava e trasformava in personali scene memorabili) le suggestioni che le intellettuali femministe, fiere di collaborare con lui (alcune pagate, alcune no, compensate dalla soddisfazione di essere ammesse sul set o di fare le comparse) non smettevano, da lui sollecitate, di proporgli fino all’ultima ripresa. La dignità e il valore professionale di Meri Lao (musicista, poetessa, scrittrice nota internazionalmente, donna originale e tosta) ha rimesso le cose a posto nella conferenza che ha tenuto, a Roma, al centro culturale Cervantes a piazza Navona, illustrata da un video sulla sua vicinanza durante i ciak al Nostro, e condita con la sua ironia congenita. Come congenito è il suo femminismo professionale e emotivo, che lei definisce “naturale” e “senza bandiera”, cioè senza background di cortei, mimose, slogan anti-maschietti. In una parola, un femminismo esistenziale, non spettacolare e narciso. 


Davanti a un pubblico ambosessi (la più parte degli uomini erano giovani, quelli che, davanti alla crisi odierna dei rapporti con l’altra metà del cielo, vogliono capire), Meri ha raccontato “Il Fellini che ho conosciuto”, un Fellini geniale, sì, ma contraddittorio, generoso ma anche avaro e latitante nel comunicare se stesso con sincerità. 



La verità senza veli –ebbe a dirci una volta- ha qualcosa di osceno”










Un Fellini che lei ha descritto con ammirata spietatezza nella poesia “Satiro Egerio” e che il regista in un attimo di sincerità “masochista” ritenne il ritratto più significativo che avessero fatto su di lui. Oltre che le suggestioni, Meri ha regalato a Fellini, come autrice, “Una donna senza uomo”, un tango-congo, colonna sonora del congresso femminista che appare nella prima parte del film. E anche l’ultimo suggerimento, questa volta disatteso, per il finale del film, un ennesimo problema per l’autore. Eccolo: invece della mongolfiera che si innalza in aria sorreggendo una bella ragazza tettuta, un po’ madonna e un po’ vedette da circo, la mongolfiera, alta in volo, avrebbe potuto essere una donna con un gravido pancione. Vinse, come sappiamo, il tabù molto latino del genio riminese. Niente innalzamenti al potere naturale, misterioso e per lui inquietante della maternità; largo invece alla donna-madonna e alla donna-puttana. L’harem tutto speciale delle femministe, illuse e motivate, fu battuto dall’harem atavico, immaginario, famigliare e molto più rassicurante del misticismo laico di Fellini e del suo imprinting sessuale a base di “saraghine”. 


Questo archivio funziona come una mappa mentale, cercate da soli. Lasciate alla fine della paginetta un segno del vostro passaggio. Grazie.


La gloria di Giulietta

Elenco qui le biografie di Fellini, ufficiali, storicizzato, dalle istituzioni, dal tempo, dalle memoria. La gloria ... ovvero la memoria.

Qui quella de  l'enciclopedia Treccani.


Qui quella della prestigiosa Britannica.




Qui Wikipedia in italiano (nella barra laterale tutte le altre lingue del mondo, compreso arabo, africanen, sloveno turco e sardo).


  Qui quella francese, alla voce figure celebri.





Proteggete la conoscenza, condividete questo post, con chi amate preferibilmente, i pulsanti sono in basso, e se lascerete un messaggio farete sapere che anche voi siete passati da qui. 

Nella foto Giulietta Masina, moglie e attrice.




La nostra Chaplin

"... Insisto a dire, come vent'anni fa, che se la storia di Giulietta con il marito fosse stata più concentrata, meno distratta da elementi esteriori, da tutti quei costumi, da tanta psicoanalisi, sarebbe stata capita dal più grande pubblico. Perché è in ballo un problema come il matrimonio, che riguarda tutti. E la liberazione della donna, tirata fuori ben prima che se ne parlasse tanto..."




Frasi di GIulietta Masina, su Federico Fellini (che si sarebbe lui stesso fatto distrarre) Giulietta degli Spiriti.  

Giulietta 
è definita "female Chaplin", 

"Chaplin femme",
 "weiblicherChaplin", "Chaplin mujer" dalla stampa dell'epoca. 

Un'icona internazionale, un ruolo, che anche la cristallizzo', e professionalmente un poco anche la distrusse, nonstante l'Oscar. 

La relazione tra Gelsomina, i clown e Chaplin, non viene mai esplicitamente dichiarata da Fellini, ma trovate moltissimi accenni, e anche profondi e cangianti a questi temi, navigando nelle altre paginette di questo lavoro.  A ripensarci oggi mi sta molto simpatica.






Questo a
rchivio funziona come una mappa mentale, per associazioni libere, cercate da soli: le immagini solitamente non sono legate ai testi, mentre sempre i link esterni restano esterni, per rispetto della cultura digitale, che questo piccolo spazio testimonia; poi lasciate una traccia del vostro passaggio qui, se volete. 




L'arrosto di casa tua





Oggi interrompo il catalogo delle parole di Fellini e occupo questo spazio con un ricordo, perché mi arriva notizia dal mondo che l'attrice della Dolce Vita, la Ciangottini, è molto vecchia e va a Passoscuro coi bambini a ricordare quel film, e che finale! Si mette anche in vendita la casa Fellini & Masina ai Parioli, in una strada dove sono andata una volta sola a Capodanno, in tanti anni che vivo a Roma, e dove viveva Matteo Garrone: e alla sua festa di fine anno scambiai, forse io, forse l'altra persona, non ricordo più _ si era tanto giovani allora - il cappottino nero di chachemire comperato a Via Sannio, accorgendomene settimane dopo - si è tanto distratti. 


Così oggi interrompo il catalogo delle voci per un ricordo piccolo piccolo, che arriva dal passato. Non so dirvi perche', ma mi e' piu' caro dei film che feci, da bambina e comparsa, dei doni che ebbi da Fellini, e di tante altre cose. L'affetto si appiccica dove gli pare a lui ... 



Quando ero piccola vedevo le cose come quando si è piccoli. 


Tipo che Fellini era questo omone, amico della zia e della mamma, che disegnava sempre e ti guardava negli occhi. I grandi non guardano mai negli occhi. 


La prima volta che andai a casa di Fellini, a Fregene, mi rimasero impresse tre cose: la sua casa non gli somigliava (era infatti borghese, freddina, convenzionale, messa su da Giulietta). Son tutti fatti dello spirito quelli che sentono i bambini. Aveva divani di velluto, e questo mi lasciò ammutolita, perchè non li avevo visti mai dei divani colle frange, come stirati, e di un color verdino tristino giallino. Dopo molto tempo, cercando materiale per questo lavoro, li ho ritrovati in fotografia, e somigliavano ancora a quel ricordo. Il giardino era enorme, con grandi pini, ma Fregene pareva un posto triste e buio, un posto dove avere paura. Non so se fui delusa, non credo, ma stupefatta. 

Da grande ho capito che raramente le case assomigliano alle persone. 

Quando lui venne a casa nostra, accadde invece, che la mia mamma si agitò molto un arrosto (tema inconsueto  a casa mia, dove si mangiavano pancake, e involtini greci di riso e gulash e luganegha, stranezze internazionali figlie della curiosità di mia mamma e del suo lavoro alla FAO, tema che restò per anni  come un fatto straordinario: l'ansia da arrosto). Inoltre volle comprare una tovaglia elegante per questa cena, dove venne Giulietta. Noi si aveva i mats, allora, e nelle serate di festa si mettevano grandi piatti di ceramica calabri a tavola e cesti africani.  Grigia, di lino, coi ricami bianchi  ogni volta che la trovo nei cambi di bauli o di stagione penso: la tovaglia di Fellini. E mi vien così da ridere. Quante tovaglie furono comperate in suo onore, da tanta gente, e quante altre cose, cerimonie, favori, regalie, richieste, intercessioni ... chissà. Noi invece solo sta tovaglia assurda. 

Qui si racconta che stanno vendendo la sua casa romana, prima di via Margutta, ai Parioli. Qui invece Mastroianni tra le braccia di Anita Ekberg: "sei la madre, la sorella, l'amante, l'amica, l'angelo, il diavolo, la terra, la casa. Sì, ecco sei la casa tu, la casa". 


QUALCHE DETTAGLIO PRATICO:   Vedrete che ho trascurato quasi interamente pettegolezzi, e letture agiografiche e tutta quella narrativa marketing o delle fazioni della battaglia politica, a meno che non potesse essere utile a fare un ritratto dell'epoca, inoltre ho dato molto spazio alle cose minori, silenziose, come ad esempio Nino Rota, senza la cui presenza l'arte di Fellini non sarebbe universalmente nota e riconoscibile, per il suo suono,  come e'. 
Dove ho potuto ho citato la fonte. Le immagini non sono mai o quasi mai legate ai testi, per motivi di stile e per le stesse ragioni invece quando uscite dal sito dovete ritornarvi da voi. Qualche volta i brani sono in in lingua originale, soprattuto documenti e recensioni, e lo indico sempre. Le pochissime cose oltre a questa che ho scritto io medesima, e non sono pensieri di Fellini, o di interesse sulla sua storia nella storia culturale del paese o sulla sua poetica, di solito di altri artisti o suo cari amici, viene indicato anche nelle tag, come "la nana di fellini". 
Su Twitter, Pinterest e Facebook nel tempo, per motivi diversi, ho creato delle piccole vetrine, in inglese anche,  di questo progetto, che spero possa scuotere soprattutto il mondo della cultura e delle arti, e ispirarci. Siate gentili. 

Qui un marcetta "di Carlotta", composta pare, dal vero Maestro Rota.





La via dell'acqua

È acqua. Quando voglio qualcosa di assolutamente puro, qualcosa di sincero, chiedo sempre l'acqua. C'è tanto bisogno di cose semplici per vivere, di cose che non ne nascondono altre. L'acqua è come uno sguardo che non nasconde nulla. Non abbia paura della verità, la verità ci rende liberi. In fondo, che importa la reazione degli altri? Al mio paese un proverbio dice: “Io sono a me stesso tetto, finestra e focolare; le mie parole sono il mio cibo, i miei pensieri, la mia bevanda: dunque sono felice”.



Un brano tratto dal poco considerato“Giulietta degli spiriti”, un di film Federico Fellini audace da ogni punto di vista, sulla condizione della donna, la prigione del matrimonio ed il ruolo della fantasia e dei fantasmi. In basso c'e' uno spazio per lasciare un messaggio, e farci sapere di essere passati di qui, e per condividere questo post con altri. 



Il mondo donna


La donna é

l'universo, 
forse 
una concezione tantrica.





L'arpa di Fellini, pagina 41, edizioni Oleandro. Su aree dell'immaginazione simili trovate altri brani (tag: femminile, donna, eros, madre, mistero ad esempio) cercando nella colonna alla destra dello schermo: funziona come una mappa mentale. Questo piccolo archivio nasce per amore della ricerca, e abbiamo piacere di sapere che siete passati da qui, condividendo il post o lasciando nello spazio bianco infondo alla pagina, il vostro sentire. Grazie




La forza nel sinistro





“Una settimana prima di iniziare il film, ho sognato che qualcuno mi cavava l’occhio destro con un cucchiaio. Non soffrii, ero sorpreso. Forse il sogno voleva dire che per questo film non mi serviva l’occhio destro, quello della realtà, ma solo il sinistro, quello della Fantasia.” 



Federico Fellini, 
Immagine da "GIULIETTA DEGLI SPIRITI" (1965), film sottovalutato, ma invece positivo e visionario, dove la fantasia, la fuga, salva la donna, dalla pazzia e dalla solitaria prigione esistenziale in cui viene relegata. 

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Tanta roba le donne



"Io vorrei provarla come attrice. Mina ha la faccia della luna. Gli occhi sono dolci e crudeli. La bocca chiama dal cielo le comete: basta un fischio. Poi è tanta. Il mio amico Sordi dice che è "'na fagottata de roba". È un tipo che entra nelle mie storie. Avrebbe fatto bene anche la Gradisca".





(Fellini, citato da Sandro Bolchi in Fellini, un amore per Mina, La Stampa del 5 febbraio 1995. 

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Paradiso Fellinesque



"Il cammino e' arduo, ma ben tre donne verrano in suo aiuto. La vergine, Lucia, e Beatrice. Un flusso di luce beata che invade così l'anima del poeta, che riprenderà' vigore e punterà' su Beatrice tutte le sue speranze. Perché e' Beatrice che si farà' intermediaria tra lui e Dio, e' sempre Beatrice che diraderà' le ombre e le inquietudini del pellegrino, facendogli superare i passi piu' difficili ed introducendolo alla scoperta di nuovi cieli. Beatrice diventa così simbolo di grazia, di bellezza, di verità e di pienezza, perduta com'e' in quell'amore che mi fa parlare .... 




Al di la' di questo canto il cuore si dilata in un respiro pieno: il viaggio sara' lungo ed il cammino alto e silvestre ma lassa ormai brilla una stella ... ".





(traccia di un soggetto su Dante e Beatrice, dato dal regista Fellini a Padre Angelo Arpa, e così riportato nel libro L'Arpa di Fellini, edizioni Oleandro. Immagini, vagamente ispirate all'Inferno di Dante, tratte dal Satyricon, ad evocare, genericamente "La divina commedia"). 

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