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Stanotte che hai sognato?





Scombiccherato collage di interviste a Dante Ferretti, scenografo maceratese, in gloria con la moglie negli Stati Uniti, uno degli ultimi, per generazione tra i collaboratori, con Danilo Donati, di  Federico Fellini, in uno dei ruoli piu' significativi nel suo staff, quello, anche controverso, nascosto, di scenografo. Insomma il solo a dire qualcosa, oltre a Fellini, sulle immagini ed i colori. Non poco. 



Dico spesso che Pasolini è stato il mio mentore, Fellini il mio mentitore. A Federico piacevano le bugie, si inventava storie, era un gioco per lui e tentavo in tutti i modi di imitarlo. Mi chiedeva sempre cosa sognavo la notte e io, che non ricordo mai niente al risveglio, mi inventavo delle storie. Sapeva benissimo che erano bugie ma si divertiva, c’era una grande complicità. Forse perché sono nato nelle Marche e quella provincialità ritratta nei suoi film l’ho vissuta, certe cose, nonostante i 30 anni di differenza d’età, riuscivo a capirle bene. E’ stato un lavoro straordinario ma sempre divertente e allegro.

Io sono nato a Macerata e in una città così piccola l’unica cosa bella è che c’erano quattro cinema e altre quattro sale delle parrocchie. Il primo film che ho visto, a 6 anni, fu I ragazzi della via Paal, nella sacrestia di una chiesa vicino a casa mia. Da quel momento il cinema divenne una fissazione, volevo sempre andarci. Al pomeriggio, finita la scuola, dicevo a mio padre che andavo a studiare in casa di amici. In realtà gli rubavo … diciamo che mi appropriavo dei soldi che teneva in tasca e correvo a vedere i film. Se mi piacevano, li guardavo anche due volte o tre consecutive, oppure mi infilavo in una sala al primo spettacolo e in un’altra al secondo. Io studiavo all’istituto d’arte e un giorno decisi che volevo fare il cinema. Mio padre rimase sbigottito e mi chiese con un risolino se volevo diventare attore, però a me piacevano le costruzioni e le scene, anche se non sapevo neppure come si chiamasse questo lavoro. Ricordo che un giorno uno scultore abbastanza famoso di Macerata, Umberto Peschi, mi spiegò che dovevo diventare scenografo. Pensai: ecco quello che voglio fare da grande. Dopo l’Accademia delle Belle Arti, ho avuto l’incredibile fortuna di diventare l’aiuto scenografo di Luigi Schiaccianoce che mi presentò molti registi. Mentre lavoravo a Medea, di Pier Paolo Pasolini, incontrai Fellini a Cinecittà. Ricordo come se fosse ieri il suo modo di pronunciare il mio nome. ‘Dantino, vorrei che tu lavorassi per me insieme a Danilo Donati. Lui si occuperà dei costumi, tu delle scenografie’. Risposi che non ci pensavo proprio, perché le cose che andavano bene sarebbero state un merito suo, quelle sbagliate, colpa mia. ‘Dici di no ad un Fellini? - mi disse, giocando. Gli risposi di richiamarmi dopo dieci anni, quando sarei stato pronto per fare un film con lui.  
Sì, stavo girando con Elio Petri Todo modo e ci siamo incrociati sotto un lampione a Cinecittà. Quella volta, stranamente, era solo e mi disse: "Dantino, ciao, sono passati 10 anni e bisogna che lavori con me". 
Dopo qualche mese partimmo con La città delle donneProva d’orchestra e poi altri quattro film fino a La voce della luna.  L’ultimo film da aiuto scenografo è stato Satyricon di Federico Fellini, nel 1969. Da La prova d’orchestra fino a La voce della luna, ho fatto tutti i suoi film. Ho perso solo L’intervista perché ero sul set di Le avventure del barone di Munchausen. Un grande, il mio maestro e il mio mentore. Non c’è molto da aggiungere, anzi ci sarebbe troppo: lui, Pasolini e Martin Scorsese sono i tre che mi hanno dato di più. 
Con Pasolini ho girato otto film. Le sue inquadrature cominciano sempre con un grandangolo. Era come un Chaplin pittore: per Il Vangelo secondo Matteo, Mantegna; per I racconti di Canterbury, la pittura inglese e francese e Paolo Uccello; per Le mille e una notte, i miniaturisti arabi e persiani. Non amava gli interni, non gli piaceva lavorare in teatro. Ricostruivo fuori e facevo molti interventi per riportare l’ambiente all’epoca scelta. Girava con una raffinatissima semplicità, eliminando tutti gli orpelli.


Quello spettacolone



Sospetto che tutto sia una enorme messa inscena, uno spettacolo ...

















Pensierino tratto da una chiacchierata colla collega L. Tornabuoni, Il mondo che non c'e', da La Stampa, 1989, riferendosi all'ispirazione de La Voce della Luna ma il tema torna molte volte nelle sue interviste. Proteggete la conoscenza, condividete questo post, i pulsanti sono in basso; altrimenti e se lascerete un messaggio farete sapere che anche voi siete passati da qui. L'archivio funziona come una mappa mentale, conoscete voi stessi, cercando nella colonna alla destra dello schermo. Mentre le immagini ed i testi per ragioni anche di stile non sono legate in alcun modo. 





La debolezza dei poeti




Guido Crainz, storico che ama raccontare la storia coi coriandoli della cultura pop e non solo dei documenti, racconta Ginger e Fred, uno dei tanti film in cui Fellini, sordo alla propaganda e colle antenne sempre verso cio' che accade, seppe anticipare l'invasione della TV, la funerea decadenza, i nani vestiti da toreri, la cialtroneria show biz e l'arrivo di Berlusconi. Una preveggenza che gli costo' cara,  che lascia nei suoi ultimissimi film, meno amati, meno dirompenti, messaggi inevasi.

"L'anno prima Calvino racconto' la storia dell'Ultimo Canale, un matto che urlava contro la tv e lanciava il telecomando, un uomo che cercava un canale autentico, che gli raccontasse la vera realtà, la vita, nel suo telecomando" ricorda Crainz. 



La Voce della Luna, definito da Fofi, feroce, poetico e tragico, sempre seppe raccontare prima dei tempi un'Italia deformata. "Fin dall'inizio, dalla Dolce Vita, Fellini ci ha raccontato una deriva" sostiene Guido Craiz, e con tempismo perfetto se guardiamo agli anni in cui uscirono i suoi film più importanti, incluso Ginger e Fred "fino a quando ne la Voce della Luna, la speranza Leopardiana  e' lasciata ai deboli, ai fragili, agli ultimi". 







In basso ci sta uno spazio vuoto, predisposto come un fumetto, per scrivere pensieri o sentimenti, oltre ai pulsanti per condividere questo post con chi vi sta simpatico: se lascerete un messaggio farete sapere che anche voi siete passati da qui. Proteggete il lavoro dei poeti, delle donne, condivide la conoscenza. 



Luna nuova


Il silenzio è la dimora pulita dell'Essere (U. Hots).


Ne La voce della Luna Fellini non ci ha lasciato un messaggio, ci ha introdotti a modo suo, sui sentieri del silenzio. Ad un certo punto giunge la Luna sulla terra, non dei poeti, ma delle nuove tecnologie della comunicazione che se non controllate renderanno incompatibile il convivere ed il vivere umano (...). La gente comune, la Chiesa. "Eminenza, la luna é scesa tra noi. Da sempre lassù ci potrà rivelare qualcosa di nuovo? Per sempio, se c'è qualcosa o qualcuno che ci attende dopo la morte? ...".
"La Luna - risponde il cardinale incrociando le mani - non ha nulla da rivelare, tutto è stato rivelato, tutto ...".Segue una baraonda (...). 



Brano tratto  da l'Arpa di Fellini, di Angelo Arpa. Edizioni l'Oleandro, l'Aquila, 2001. 

In fondo a questa paginetta ci sta uno spazio vuoto, predisposto come un fumetto, per scrivere voi medesimi qualcosa: se lascerete un messaggio anche voi sarete passati da qui. La mappa che state usando funziona colle libere associazioni, conoscete leggendo, mentre in questa specie di archivio in movimento, le immagini ed i testi non hanno quasi mai relazione. Dove vedete scritto "QUI" si deve cliccare per ascoltare un audio o video.



La luna caciotta

Rispondendo a Rossellini sulla morte del cinema artistico, a favore di un cinema didattico, 
Fellini alla Mostra del Cinema di Venezia del 1966:


[...] e' quello che sosteneva Stalin che impose al cinema sovietico una pedagogismo scolastico [...]. Le idee di Rossellini sono accettabili, se egli, in tutta sincerità', parla di se stesso e dice umilmente di volersi dedicare ad erigere film educativi, ma la sua non può essere una enunciazione che coinvolge tutto il cinema [...]. prendi le fotografie della Luna che pubblicano i giornali .. che ti sembrano? A me sembrano le superfici di una caciotta ... le prime fotografie valide della Luna saranno quelle di un cineasta che sapra' esprimervi un sentimento, non so, la nostalgia della terra, il senso angoscioso dell'enormità dello spazio.