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Il proprio cuore


"Il neorealismo italiano e' un modo di pensare che e' stato nefasto, 
E ha contribuito alla degradazione del cinema, l'ho detto. Ma in un contesto polemico. Perché alcune volte tutto l'aspetto artigianale, la conoscenza, il lavoro, la fatica dell'espressione, veniva svalutato. 
Non e' che chiunque puo' prendere una macchina in mano, e da solo può fare il neorealismo. Il solo vero, poi, che non era attratto da passioni politiche, e' stato solo quello di Rossellini. Vale a dire che il modo di guardare le cose, non il metodo, e' la maniera neorealista. 
Lo dicevo per distinguere dalla storia inventata, la storia reale italiana ...  Io credo che uno possa fotografare solo il proprio cuore". 









Il resto dell'intervista di  Christian Defaye,  realizzata alla Tv,  in occasione de l'uscita nelle sale francesi de "L'Intervista" nel 1987, e' qui.  Codesto archivio digitale funziona come una mappa mentale. Le immagini quasi mai sono legate ai testi, per scelta. Ogni volta che trovate la parola "QUI" andate su un sito esterno, per un audio o un video, o qualche volta un iper-testo, Google permettendo (se trovaste link rotti siete pregati di segnalarglielo-celo, grazie).

Il cinema pittorico


La luce per me
 in un film e' l'ideologia,
l'essenza, lo stile.

Io faccio un cinema pittorico,
non narrativo













La foto e' del 1973, durante una visita al Circo Orfei., dove porto' il suo alter-ego, attore giovanissimo, Bruno Zanin, di Amarcord, ed anche me. Lui fece un numero su un asino, mi pare, ed io ricordo solo l'odore della segatura a terra. 

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Stanotte che hai sognato?





Scombiccherato collage di interviste a Dante Ferretti, scenografo maceratese, in gloria con la moglie negli Stati Uniti, uno degli ultimi, per generazione tra i collaboratori, con Danilo Donati, di  Federico Fellini, in uno dei ruoli piu' significativi nel suo staff, quello, anche controverso, nascosto, di scenografo. Insomma il solo a dire qualcosa, oltre a Fellini, sulle immagini ed i colori. Non poco. 



Dico spesso che Pasolini è stato il mio mentore, Fellini il mio mentitore. A Federico piacevano le bugie, si inventava storie, era un gioco per lui e tentavo in tutti i modi di imitarlo. Mi chiedeva sempre cosa sognavo la notte e io, che non ricordo mai niente al risveglio, mi inventavo delle storie. Sapeva benissimo che erano bugie ma si divertiva, c’era una grande complicità. Forse perché sono nato nelle Marche e quella provincialità ritratta nei suoi film l’ho vissuta, certe cose, nonostante i 30 anni di differenza d’età, riuscivo a capirle bene. E’ stato un lavoro straordinario ma sempre divertente e allegro.

Io sono nato a Macerata e in una città così piccola l’unica cosa bella è che c’erano quattro cinema e altre quattro sale delle parrocchie. Il primo film che ho visto, a 6 anni, fu I ragazzi della via Paal, nella sacrestia di una chiesa vicino a casa mia. Da quel momento il cinema divenne una fissazione, volevo sempre andarci. Al pomeriggio, finita la scuola, dicevo a mio padre che andavo a studiare in casa di amici. In realtà gli rubavo … diciamo che mi appropriavo dei soldi che teneva in tasca e correvo a vedere i film. Se mi piacevano, li guardavo anche due volte o tre consecutive, oppure mi infilavo in una sala al primo spettacolo e in un’altra al secondo. Io studiavo all’istituto d’arte e un giorno decisi che volevo fare il cinema. Mio padre rimase sbigottito e mi chiese con un risolino se volevo diventare attore, però a me piacevano le costruzioni e le scene, anche se non sapevo neppure come si chiamasse questo lavoro. Ricordo che un giorno uno scultore abbastanza famoso di Macerata, Umberto Peschi, mi spiegò che dovevo diventare scenografo. Pensai: ecco quello che voglio fare da grande. Dopo l’Accademia delle Belle Arti, ho avuto l’incredibile fortuna di diventare l’aiuto scenografo di Luigi Schiaccianoce che mi presentò molti registi. Mentre lavoravo a Medea, di Pier Paolo Pasolini, incontrai Fellini a Cinecittà. Ricordo come se fosse ieri il suo modo di pronunciare il mio nome. ‘Dantino, vorrei che tu lavorassi per me insieme a Danilo Donati. Lui si occuperà dei costumi, tu delle scenografie’. Risposi che non ci pensavo proprio, perché le cose che andavano bene sarebbero state un merito suo, quelle sbagliate, colpa mia. ‘Dici di no ad un Fellini? - mi disse, giocando. Gli risposi di richiamarmi dopo dieci anni, quando sarei stato pronto per fare un film con lui.  
Sì, stavo girando con Elio Petri Todo modo e ci siamo incrociati sotto un lampione a Cinecittà. Quella volta, stranamente, era solo e mi disse: "Dantino, ciao, sono passati 10 anni e bisogna che lavori con me". 
Dopo qualche mese partimmo con La città delle donneProva d’orchestra e poi altri quattro film fino a La voce della luna.  L’ultimo film da aiuto scenografo è stato Satyricon di Federico Fellini, nel 1969. Da La prova d’orchestra fino a La voce della luna, ho fatto tutti i suoi film. Ho perso solo L’intervista perché ero sul set di Le avventure del barone di Munchausen. Un grande, il mio maestro e il mio mentore. Non c’è molto da aggiungere, anzi ci sarebbe troppo: lui, Pasolini e Martin Scorsese sono i tre che mi hanno dato di più. 
Con Pasolini ho girato otto film. Le sue inquadrature cominciano sempre con un grandangolo. Era come un Chaplin pittore: per Il Vangelo secondo Matteo, Mantegna; per I racconti di Canterbury, la pittura inglese e francese e Paolo Uccello; per Le mille e una notte, i miniaturisti arabi e persiani. Non amava gli interni, non gli piaceva lavorare in teatro. Ricostruivo fuori e facevo molti interventi per riportare l’ambiente all’epoca scelta. Girava con una raffinatissima semplicità, eliminando tutti gli orpelli.


L'artista non lo sa!




"Come mai ad un film, e quindi al suo autore, si attribuisce il dovere carismatico di risolvere questioni che non hanno niente a che fare con il suo lavoro? Perché da un film si pretendono risposte chiare, nette, definitive sulla vita, sul mondo, sui grandi problemi? Un film invece, se è un prodotto artistico, non ha intenzione di indicare le strade nelle quali il mondo dovrebbe muoversi".


F. Fellini ne Il Tempo del 5 novembre 1978, intervistato dal critico  G. L. Rondi.  
Sul tema del lavoro del poeta, del cinema, dell'artista, parola che Fellini non amava, sul suo lavoro di sutura come lo chiamava, trovate molti brani, trascritti o audio, ed in particolare cercando: medium, pericoli, perizia, poesia. Questo piccolo archivio appare come una mappa mentale, se navigate tra le parole, le  trovate alla destra del vostro schermo, segnerete un vostro cammino; infondo alla pagina potete lasciare un messaggio, nello spazio apposito, vuoto come un fumetto, oppure potete condividere i post e contribuire a questo lavoro.  



La cosa tremenda sono i giornalisti



Una volta realizzato, il film potrebbe anche non uscire. Forse sarebbe meglio. Perché la cosa tremenda comincia dopo. Una serie di proiezioni per questo e per quello, e ogni volta è un anno di vita che se ne va. E i viaggi, le prime di gala, i festival, le conferenze stampa. Scendi a New York suonato, dopo non so quante ore di volo, con la faccia verde, e trovi subito uno che ti chiede: Gelsomina rappresenta la chiesa cattolica?


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Who 'borrowed' from Fellini



Scorsese, Coppola, Warhol, Woody Allen - the list of artists who 'borrowed' from Fellini is an impressive one.  Fellini made films that uniquely combine acerbic realism and unhinged poetic fantasy, about things you can barely put into words: the extremes of cruelty and innocence, the madness and authority of love. He was never a neo-realist. He was the greatest realist of all.


HERE the full story from The Guardian, 2004. Ecco una lista parziale (in inglese) degli artisti che hanno preso in prestito da Fellini, o che ha ispirato in vari modi. Quando cercate nella mappa a destra li trovate, gli italiani, pochi, i grandi all'estero quasi tutti. Per comprendere il divario cercate: comunismo, apolitica, Oscar. 

 


Il timore del peggio




In E la nave va io ho espresso, più o meno sinceramente, 
più o meno artificiosamente [...] il senso di smarrimento che c’invade. Il timore del peggio è uno stato d’animo o un presentimento con il quale conviviamo 
da lungo tempo e che non sembra destinato ad abbandonarci. [...]  

 




Fellini.  Raccontando di me, conversazioni con Costanzo Costantini
Editori Riuniti, Roma, 1996, pp. 182-185 
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Quel che la mamma dice




"Sì, i ricordi però guarda che me li invento, molte volte. 

Non riesco più a farne una distinzione tra le cose che sono 
proprio accadute, tanto è vero che mia mamma ogni tanto 
mi dice: 

Ma quando mai tu sei scappato dal circo? Ma quando mai hai fatto…?  Ma quando mai sei stato in collegio?  
Invece a me pare proprio che è successo, vedi un po’  cosa vuol dire avere un’immaginazione accesa" 

(pag. 21).   

Scritti e immaginati  – I film mai realizzati di  Federico  Fellini (Guaraldi editore: le immagini invece sono dal film l'Intervista con l'attore Rubini e la vera Anita) del giovane Alessandro Casanova, riminese, classe 1980, rimette insieme  alcuni documenti: soggetti, appunti, idee per film da realizzare, che non si fecero. MAterial originale, ed inedito.  Dunque, ecco:  A) soggetto integrale di Moraldo in città (pubblicato a puntate sulla rivista "Cinema" nel corso del 1954) B) il progetto del film Les femmes libres de Magliano (pubblicato nei "Cahiers du cinéma" nel luglio 1957) C) il soggetto di A journey with Anita (pubblicato nel 1983 unitamente  a Moraldo in the city dall’University of IllinoiD) il progetto 1970: notes sur "Une femme inconnue" (pubblicato nella rivista "Positif" nel 1977-78) E) gli appunti per la serie Poliziotto, storia vera di Nicola Longo, 1982, inedito. Uno dei capitoli più interessanti è quello dedicato a Il viaggio di G. Mastorna, che Fellini avrebbe dovuto girare dopo Giulietta degli spiriti e che mai  fece  (tracce di quel film mai realizzato sono riscontrabili in quasi tutte le sue opere successive, fino a La voce della luna, come abbiamo riportato anche in questo archivio: un fertilizzante, lo definisce Fellini). 

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Acchiappa fantasmi








Una vecchia intervista in inglese, dove Fellini racconta l'arte non facile di fare casting. Con un inglese trasognato ma corretto, e la sua vocina dolce e gentile. "Il cast e' molto importante, perché e' la prima volta che posso materializzare i miei fantasmi, e posso davvero capire chi, tra migliaia che vedo, davvero ha qualcosa a che vedere col mio film. Per questo e' un momento difficile ma pesante, perché devo scegliere, e quindi come sempre e' il decidere non e' facile, anche perché so che  quelle scelte saranno il cuore del film".

Qui l'intervista integrale. Per appassionatissimi.









Questo a
rchivio funziona come una mappa mentale, per associazioni libere, cercate da soli: le immagini solitamente non sono legate ai testi, mentre sempre i link esterni restano esterni, per rispetto della cultura digitale, che questo piccolo spazio testimonia; poi lasciate una traccia del vostro passaggio qui, se volete. 




Un cretino impaziente



Sono estraneo alla televisione. Non mi attrae. 

Non mi crea curiosità. Non credo sia un mezzo di espressione, ma un mezzo di distribuzione. 
Puo' trasmettere perfino film, restringendoli, modificandoli, deformandoli, riducendoli a cartoline. Le continue interruzioni sono un arbitrio, non solo verso l'opera o l'autore, ma anche verso lo spettatore, che si abitua ad un linguaggio singhiozzante, a tante piccole ischemie dell'attenzione, che alla fine ne faranno un cretino impaziente. Incapace di collegamenti mentali, di previsioni e anche di quel senso di musicalità, di euritmie, e armonia che sempre
 accompagna qualcosa che viene raccontato [...].



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da Italiani ribellatevi, Panorama, intervista del 1985. Prego notare la data. Inoltre nella foto, piu' o meno siamo li, la visita di Antonioni a Fellini, sul set de La Nave va. Inutile  commentare la perdita di collegamenti, euritmie, bellezza. Proteggete la conoscenza, condividete questo post, con chi amate preferibilmente, i pulsanti sono in basso, e c'e' anche uno spazio vuoto per i pensieri o i sentimenti, che voleste condividere, se quello che leggete vi riguarda, vi serve: per me, per questo lavoro, se lascerete un messaggio farete sapere che anche voi siete passati da qui. Grazie).





Indomito bugiardone


Documentario in rete, che trovate trasmetto in maniera gratuita, su Fellini, del 2003 in Italia. 

Si chiama Il bugiardo nativo, di Damine Pettigrew. e lo vedete cliccando QUI

Fellini, I’m a Born Liar
A look at Fellini’s creative process. In extensive interviews, Fellini talks about his background and then discusses how he works and how he creates
(2002)



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Scappare a gambe levate da Hollywood




"La mia prima visita fu per me una grande emozione. Era la prima volta che venivo in America, e ci venivo a prendere l' Oscar per il mio lavoro, e per me, italiano, nato in provincia, che appartengo a una certa generazione, America e cinema erano un pò la stessa cosa, si confondevano. 


Noi abbiamo conosciuto, amato, desiderato visitare l' America proprio attraverso il cinema americano; questa dimensione così fantastica e irreale di un' America visitata attraverso l' interpretazione che ne davano i cineasti di allora, che ci riscattava e proteggeva dallo squallore del fascismo, dell' educazione cattolicheggiante, della famiglia piccolo borghese. 
Sì, noi a Rimini avevamo anche il mare e le bagnanti che costituivano un diversivo, ed eravamo ragazzetti pieni di vita, ma il resto era tetro, reso sopportabile dal cinema americano, che negli anni Trenta é stato come uno spiraglio su un altro mondo. Era proprio la favola. Poi ho cominciato a fare cinema, e quasi subito ricevevo l'Oscar! Ho il ricordo di un viaggio molto emozionante. Arrivavo a Hollywood ed ero premiato come erano stati premiati Clark Gable, Gary Cooper, c'era una vitellonesca compiaciuta fantasia nel vedermi protagonista di questa vicenda"


"Mi proposero, dopo il primo Oscar, di lavorare in America. Me ne andai dopo due settimane, perchè non potevo raccontare un paese che non conosco. Ho sempre invidiato la capacità tipicamente ebraica mitteleuropea che ha permesso a tanti cineasti europei, emigrati qui, di riproporre, di riflettere, la cultura, lo stile di vita, perfino i sogni di un altro paese. Io invece sono nato a Rimini e quindi quella capacità non l' ho mai avuta".


da un'intervista a Repubblica, del 1993. 

La foto e' di Amarcord e dal premio Oscar alla  Carriera, in America. 

Il resto qui

Loro invece gli diedero una montagna di Oscar. Ed ora girano il primo bio-pic su Fellini. Se avesse saputo come andava a finire in patria, forse Fellini cambiava idea, ma che ne poteva sapere di Berlusconi?. 




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Flash Gordon scappa nel passato


Satyricon non un film storico, ma un film di fantascienza. La Roma di Ascilto, Encolpio, Trimalchio, più remota e fantastica dei pianeti di Flash Gordon, perchè Satyricon è un po' Flash Gordon, certi fumetti Nerbini degli anni 30, disse Fellini, mentre lo presentava ...  


Qui il video. 





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L'onore intoccabile dell'arte








Louis Malle

intervista
L'arte della Visione
Donzelli editore


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Cultura e brand


France Culture manda in onda un programma su Fellini ed il nostro tempo. 
C'e' un podcast da ascoltare qui. In francese. 

Non basta nemmeno citare i fatturati delle due industrie, quella cinematografica francese e quella italiana, per rispondere ai dubbi sullo stato del nostro paese. 








Eternarsi v.pronom. intr. (io mi etèrno)



FELLINI e' il piu' necessario tra i registi del nostro tempo
(Martin Scorsese)




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Dinocitta' e la morte





Selezione di una lunga ed originale disamina dell'influenza di Fellini  nei media con alcuni casi di lanci, di Raffaele De Berti.
Interessante la sezione iconografica, dai rotocalchi. QUI.



 L’idea, però, viene ben presto abbandonata per puntare su Il viaggio di G. Mastorna, un film che Fellini ha in mente da molti anni, da quando nel 1938 ha letto a puntate sulla rivista “Omnibus” il romanzo Lo strano viaggio di Domenico Molo di Dino Buzzati. 
Inizia quindi un intenso rapporto con lo scrittore milanese che dura più di un anno e porta alla stesura, con la collaborazione anche di Brunello Rondi, di una sceneggiatura  che ha come protagonista un violoncellista, Giuseppe Mastorna, che per un concerto deve raggiungere Firenze in aereo da Amburgo. L’aereo è costretto a un atterraggio di emergenza e qui inizia il viaggio di Mastorna, da morto, che lo porta a rivedere la sua vita e le persone che ha conosciuto. Si tratta di un film, come scrive Kezich, che pur non realizzato ha molte analogie con i film successivi di Fellini, nei quali la morte è un tema ricorrente da «accogliere come abbiamo accolto la vita».
Tra la primavera e l’estate del 1966 negli studi di Dinocittà sulla Pontina vengono costruite alcune grandi scenografie, tra cui una piazza con la cattedrale di Colonia: tutto sembra pronto per iniziare il film quando Fellini, sempre più incerto e depresso per la crisi di creatività che attraversa, decide a metà settembre di scrivere una lettera a De Laurentis, nella quale dichiara di non poter realizzare Il viaggio di G. Mastorna. Inizia una lunga controversia tra il regista e il produttore, che porta all’accordo di riprendere la realizzazione del film tra aprile e maggio 1967, ma la notte del 10 aprile Fellini è ricoverato d’urgenza in ospedale. Tra malattia e convalescenza passano altri mesi e Alberto Grimaldi, produttore dei western di Sergio Leone, rileva i diritti del film. Ma ormai Fellini ha rinunciato al progetto e al suo posto realizzerà per Grimaldi Toby Dammit (1968) ... 



Dalle immagini iniziali delle scenografie costruite e inutilizzate a Dinocittà per Il viaggio di G. Mastorna si passa al Colosseo di notte, dalle scene di film storici muti sui romani girate appositamente in forma parodistica e proiettate in un affollato cinema di provincia si passa a un’escursione sull’Appia Antica di Fellini con alcuni collaboratori e il medium Genius alla ricerca dello spirito di Roma antica. Una ricerca dell’antichità romana che continua nella metropolitana in compagnia di un archeologo, nel macello comunale per ritrovare in alcuni lavoratori i volti e i gesti dei gladiatori e nella “passerella”, nello studio del regista a Cinecittà, di una serie di personaggi incredibili per il casting del Satyricon [...]. 





QUALCHE DETTAGLIO PRATICO: si tratta di una mappa, a destra la semantica per navigare: non trovate pettegolezzi, o letture agiografiche e quella narrativa marketing della politica, che 40 anni dopo è  insensata, per il lettore ordinario. Trovate invece musica, arte, filosofia, poetica, mistica, dubbi, vita.
Le fonti sono citate, proteggetele. Se usate questo lavoro citatelo. Proteggete la conoscenza. 
Le immagini non sono mai o quasi mai legate ai testi, per motivi di stile ma qualche volta sono fatte dalla curatrice. Le pochissime cose che non sono pensieri di Fellini, tag, come "la nana di fellini", o i suoi sceneggiatori, o critici.
Su Twitter, Pinterest e Facebook nel tempo sono state aperte delle finestre, in inglese anche,  di questo progetto, come asset diplomatico e culturale. 
Qui un marcetta "di Carlotta", composta pare, dal vero Maestro Rota.



Tutti a fischiettare


"Gli italiani hanno pochissimo il senso della storia. 
Hanno il senso del presente semmai. 
Quelli bravi. Il passato raccontato in Italia? 
Conosco un unico capolavoro che e’ Amarcord. 
Che non e’ però un film storico, è un film antropologico, quindi molto più importante dei film storici, perché parla dell’“italiano”. 
Era la tesi di Gobetti sulla continuità del fascismo, mentre Croce parlava di discontinuità. Invece no, il fascismo fa parte del dna della nazione e quel film te lo spiega benissimo. Infatti Fellini – con il quale negli ultimi anni eravamo molto amici e se ne  parlato spesso – mi diceva «ma io sono rimasto sbalordito perché pensavo che questo film potesse dar fastidio e invece tutti lì a fischiettare, a canticchiare». 
L’ipocrisia nazionale e il trasformismo come regola ... 
Sulla storia in generale forse  il Satyricon e’ il film più importante che io conosca.
Il Satyricon e’ un capolavoro, e anche Casanova. 
Molto più dei film di Visconti e tutti gli altri. Fellini ha questa preoccupazione di spiegare cosa c’è dentro, cosa c’è sotto, l’humus, il DNA, cosa siamo, da dove veniamo, dove andiamo, insomma quel groviglio lì. 
E il Satyricon è anche l’unico tentativo che io conosca di raccontare il mondo romano. Di romanzi qualcosa c’è ma  di film, che, I dieci comandamenti, Cleopatra, non so,  Giulio Cesare? Queste puttanate qua ... 
Gli Orazi e i Curiazi con Maciste  ...
Insomma, i film storici interessanti sono quelli che in qualche modo analizzano il presente come storia, coscientemente o incoscientemente. Perché poi ci sono anche quelli che lo fanno istintivamente senza ragionarci. 
Rossellini per esempio è uno che ci ragiona in quei quattro film …."



(Sintesi dei pensieri del critico, e in seguito conoscente di Fellini, almeno non nemico, che prima lo osteggio' e poi, ritratto': Goffredo Fofi, intervistato qui da Andrea Brazzoduro, che torna spesso, nella area della politica e della censura culturale delle sinistre, contro Fellini: la distinzione tra film storico e antropologico, e concordo e sia Satyricon che in Amarcord sembra quasi suggerire l'invenzione di un genere, cosa che non gli sarebbe piaciuta forse, essendo la sua visione ampia). In fondo a questa paginetta ci sta uno spazio vuoto, predisposto come un fumetto, per scrivere voi medesimi qualcosa: se lascerete un messaggio anche voi sarete passati da qui. La mappa che state usando funziona colle libere associazioni, conoscete leggendo, mentre in questa specie di archivio in movimento, le immagini ed i testi non hanno quasi mai relazione. Dove sta scritto QUI si clicca per ascoltare un audio o video. 

In un punto di vista


Mi ritrovai a mio agio nei film girati fuori, all'aria aperta. In questo Rossellini fu un iniziatore [...] la possibilità di camminare in equilibrio in mezzo alle condizioni piu' avverse, piu' contrastanti e nello stesso tempo la capacita' naturale, di volgere a proprio vantaggio queste avversità e questi contrasti, tramutarli in un sentimento, in valori emozionali, in un punto di vista. Questo faceva Rosselini: viva la vita di un film come un'avventura meravigliosa, da vivere e simultaneamente raccontare [ ...] il neorealismo non e' forse tutto questo?.


FF, 
Fare un Film, 
Einaudi, Torino, 1980. 






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