Ho qui trascritto per 7 anni quello che Federico Fellini (5 Premi Oscar) ha detto, inventato o lasciato dire di sé: ma poco di cinema, molto sul mistero dell'arte e quello umano. Cercate voi stessi, come rabdomanti, e le cose che vi servono amatele. Non amava monumenti e pescecagnacci, ma bambini e donne. Per donare: carlotta.mc@gmail.com. Chi sono: https://about.me/carlotta.mc
La partenogenesi dei ricordi
Sono un narcisista, e non sono interessato se non parlo di qualcosa che conosco bene. I ricordi raccontati da un autore, ma anche in un quadro, creano poi nuovi ricordi. Sono stato definito il regista della memoria, e dei ricordi, e tra le due preferisco la prima. La memoria mi pare una definizione piu' pertinente, i miei ricordi possono cambiare, sono aneddoti, mentre la memoria e' un sentimento, una dimensione costante almeno. I film riguardano la memoria, che non e' solo il passato, ma anche il presentimento di un futuro, che mi pare che racconto storie che ho sognato, vissuto, inventato, ma anche che si arricchiscono del presente.
Il resto dell'intervista in francese e' qui.
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Bello come Gregory Peck


Brano dal libro di Fausta Leoni, giornalista Rai, scrittrice, conoscente di Fellini, che ha pubblicato nel 1969 “Karma” (nel libro racconterebbe di un'interesse cinematografico di Fellini al suo libro, lasciato cadere).
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L'onore intoccabile dell'arte
Louis Malle
intervista
L'arte della Visione
Donzelli editore
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Osciadlamadona

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Attenti camerati, il nemico e' in un bicchiere di vino ...
Camerati, hanno detto pane e lavoro; ma non è meglio pane e un bicchiere di vino?
(dal film Amarcord, sui cui temi, infanzia, fascismo, poesia, Italia, carattere, trovate moltissime tag ed altre letture)
“Rimini e' un pastrocchio, confuso, pauroso, tenero” dove “la nostalgia si fa più limpida” (Fellini, 1974).
Il film, vuole essere “commiato definitivo” (ibidem) dal “fatiscente e sempre contagioso teatrino riminese” (ibidem) un addio a “quell'inguaribile adolescenza che rischia di possederci per sempre” [...]
Come ha scritto Tullio Kezich, è interessante che una denuncia così spietata nei confronti del fascismo, pur con un umorismo leggero, venga da un autore che si dichiarava “impolitico” (Kezich, 2002) [...]
Fellini osservava che il fascismo e l'adolescenza erano (sono?) in un certo senso “stagioni permanenti” del carattere italiano, sempre bambino con “l'eterna premessa” del regime [...] “Questa Rimini della mia infanzia ha qualcosa di vagamente repellente (…) un'aria lievemente fetida, un calore esilarante impercettibilmente manicomiale”
(Fellini, 1974).
Questi brani sono stati tratti da un numero monografico
dedicato a Fellini, di Quaderni d'altri tempi, con tre
interventi originali, che trovate qui per intero. Sono interessanti.
Immagini dal set e dalle scene di AMARCORD
Tutti a fischiettare

Gelsomina, Zampanò e il Matto sono un'unica persona
"Molte delle esperienze ed emozioni che Federico attribuisce alla protagonista del film sono cose sue. Quella scuoletta clericale, quel preside bigotto, quella paura dell'inferno. Ma sono i collegi dei preti che ha fatto lui in Romagna. E così quella visita al santone indiano: c'era andato lui, che in quel periodo si interessava di queste cose. In realtà tutti i personaggi che ho fatto io non sono Giulietta Masina, sono in gran parte Federico. Cabiria è Federico.
Non si può capire La strada se non si accetta il fatto che Gelsomina, Zampanò e il Matto sono un'unica persona. Certo qua e là ci sono anche cose mie e di altri,
ma fondamentalmente tutti i personaggi di Federico sono degli autoritratti."
Giulietta Masina commenta (riportato in Il Fellini del giorno dopo, Guaraldi editore) le scelte, la psiche e alcuni dei film piu' importanti di Fellini. Nelle foto le mie facce preferite, quelle del film storico su Roma tratto da Petronio.
In basso ci sta uno spazio vuoto, predisposto come un fumetto, per scrivere pensieri o sentimenti, oltre ai pulsanti per condividere questo post con chi vi sta simpatico: se lascerete un messaggio farete sapere che anche voi siete passati da qui. Proteggete il lavoro dei poeti, delle donne, condivide la conoscenza.
Preoccupati di una sola cosa
Se sei sulla strada giusta non puoi che fare incontri giusti. Non c'e' bisogno di preoccuparsi per creare altri problemi, e cercare altre soluzioni. La realtà e' li, davanti ai tuoi occhi, non chiede di essere indagata. Preoccupati soltanto di essere in buona fede, e di fare quello che sai fare.
de La Civilta' Cattolica Virgilio Fantuzzi, Il vero Fellini, Ave editore,
Roma, su cui trovate anche altro.
La maniera fascista
A proposito di Amarcord, da alcuni attaccato per "fascismo di cartapesta" dagli stessi intellettuali iper politicizzati che sempre avevano attaccato la naivite del regista, Fellini diceva: "siccome si tratta di un borgo, della metafora di una chiusura, di una mancanza di rapporti con l'esterno, in questo senso il film riflette con maggiore evidenza, esprime con piu' forze che cos'era il fascismo, la maniera di essere fascisti, quella psicologica, emotiva: e cioè essere ignoranti, prepotenti, esibizionisti, puerili".
La fatina delle favole
Un'occasione per sentire la cadenza, la vocina in falsetto, la stanchezza, la scintillante intelligenza., di cui in molti si sono abbeverati in questi anni, e penso in particolare ai registi e agli sceneggiatori (siate gentili, riconoscete il lavoro degli altri come vorreste fosse riconosciuto il vostro): Lunga intervista per la TV francese a Fellini, in occasione dell'uscita de L'intervista. Si parla di cose note, della Dolce Vita, dei disegni, del casting, dei sentimenti di un artista, di un incontro speciale.
"Una signora, che mi ha accolto in giardino, che pareva una fata, un personaggio di Andersen ...".
Qui l'intervista integrale, in francese ed italiano.
Christian Defaye, realizzata nel 1987.
Questo archivio digitale funziona come una mappa mentale, appoggiandovi dalla destra dello schermo alle parole che trovate composte in forma di colonna, ed alfabeticamente ordinate, dal computer.

Il borgo va a Los Angeles
« Mi sembra che i personaggi di Amarcord, i personaggi di questo piccolo borgo, proprio perché sono così, limitati a quel borgo, e quel borgo è un borgo che io ho conosciuto molto bene, e quei personaggi, inventati o conosciuti, in ogni caso li ho conosciuti o inventati molto bene, diventano improvvisamente non più tuoi, ma anche degli altri ». |
(Fellini a proposito del successo di Amarcord, giunto abbastanza inaspettato, considerato il tema, e le critiche ricevute nel tempo per il suo essere impolitico, a-politico, dal sistema culturale. Proteggete la conoscenza, condividete questo post con chi amate, oppure lasciate infondo alla paginetta un messaggio per far sapere che siete transitati da qui. L'archivio funziona come una mappa, navigate dentro voi stessi. La relazione tra testo e immagine qui nei post non esiste, fa da unico stile il caso. |
Tanta roba le donne

"Io vorrei provarla come attrice. Mina ha la faccia della luna. Gli occhi sono dolci e crudeli. La bocca chiama dal cielo le comete: basta un fischio. Poi è tanta. Il mio amico Sordi dice che è "'na fagottata de roba". È un tipo che entra nelle mie storie. Avrebbe fatto bene anche la Gradisca".
(Fellini, citato da Sandro Bolchi in Fellini, un amore per Mina, La Stampa del 5 febbraio 1995.
Questo archivio funziona come una mappa mentale, cercate da soli. Lasciate alla fine della paginetta un segno del vostro passaggio. Grazie.
Un pesce di nome Mamma

"Il delfino esce dall'acqua", e mi chiama: Mamma.
Questa e' una sola delle incredibili che dice Bicerin, nella scena del Rex, nel film Amarcord. Un'altra, tipo: ma dove vanno tutti col cuore in subbuglio?. La scena nella quale tutti corrono verso il Rex, di corsa, e lui commenta, non viene notata per la meraviglia di questo buffo elfo col cappello.
Qui invece gente che fa lo Storyfi di Rimini. Tra le parole e le immagini non ci sono legami in questo archivio, se non fantasiosi e questo per scelta: come tra le parole e quasi sempre le cose. Funziona esattamente come una mappa mentale, per nuotare liberamente dentro il vostro mondo, come nel suo, appoggiandovi alle suggestioni contenute nella colonna alla destra del vostro schermo; assaporando un post alla volta, come fossero ciliegie. Lasciate un messaggio, per condividere quelle per voi saporite e farci sapere che siete passati da qui anche voi: grazie.
Come i fumetti
Interessante rapporto tra immagine in movimento, ripresa e camera, uno dei pochi tecnici di FF, 1978. Intorno al medesimo tema (esempi: girare, fumetti, come nasce una storia, luce) trovate altri brani o voci, navigando come in una mappa mentale in questo archivio, attraverso le parole alla destra del vostro schermo. Lasciate un messaggio o condividete il post per dire che anche voi siete passati da qui, ed arricchire il lavoro colla vostra presenza.
Emigrare per star bene


"Per vivere bene fino in fondo bisogna emigrare, magari soltanto con la fantasia , altrimenti sei un semplice stanziale".
Dall'Intervista a Paese Sera, di Maurizio Liverani, durante la preparazione de La Dolce vita, AMARCORD per la fotografia, ed un ritratto ironico con un sigaro cubano e dei baffoni. Tra le parole e le immagini non ci sono legami in questo archivio, se non forse fantasiosi, e per scelta, come accade tra le parole e le cose. Funziona come una mappa mentale, appoggiandovi alle suggestioni contenute nella colonna alla destra del vostro schermo, cercando voi stessi. Lasciate un messaggio per farci sapere che siete passati da qui anche voi.
Femmina pavoncina
Invitata da Liliana Betti ad esprimere un giudizio su l’interpretazione che Magali Noël aveva dato della Gradisca, Sandrocchia è esplicita: “Io avrei impostato il carattere meno triste e malinconico, più allegro” E continua:
“Senza nessuna gelosia, ma penso che l’avrei interpretato con un pizzico in più di allegria. E anche di innocenza, se vogliamo. Ecco, io l’avevo immaginata come una donna che è golosa di tutte le cose belle che ci sono nella vita, non so, una che vede il mondo come un grande gelato, o come un bicchiere di vino buono, o come giocare a mosca cieca, ecco, prendimi prendimi, come un gioco… E poi anche il piacere di portare bei vestiti, sentire la seta sul corpo, con tutti quelli che guardano, che ti desiderano, la voglia che c’è sotto… Una pavoncina? Anch’io quando ho fatto in Otto e Mezzo la signora Carla, l’amante,… Federico quando mi parlava del personaggio diceva, «per me è una pavoncina, con la testa piccola e … va beh insomma, “quello” grande», e io l’ho fatta bene, no?”. ( Sandra Milo).
Foto di Carlotta Mismetti Capua
Parole stravaganti

«Amarcord e' una paroletta bizzarra, un carillon, una capriola fonetica un suono cabalistico, la marca di un aperitivo... Una parola che nella sua stravaganza potesse diventare la sintesi, il punto di riferimento, quasi il riverbero sonoro di un sentimento, di uno stato d’animo, di un atteggiamento, di un modo di sentire e di pensare duplice, controverso, contraddittorio, la convivenza di due opposti, la fusione di due estremi come distacco e nostalgia, giudizio e complessità, rifiuto e adesione, tenerezza e ironia, fastidio e strazio».
Mica son favole queste mie

"Ma ti sembra davvero che fino ad ora io mi sia soltanto divertito a raccontare favole o a scaricare sugli altri i miei complessi e le mie emozioni? La strada, Le notti di Cabiria erano solo storie patetiche di anime impaurite dalla vita o non potevano piuttosto essere immagini emblematiche dello sfruttamento della miseria? E i ruffiani che sguazzano dappertutto in quei film non erano anche espressioni di una società che continua a creare sbandati? Il bidone con tutte le sue tresche non diceva proprio nulla della mafia morale che caratterizza il costume pubblico e privato del nostro paese? E La dolce vita e Amarcord non denunciavano le spavalderie politiche, economiche e religiose di allora e di oggi, la sorte sgraziata di una società che paurosamente impoverita in se stessa era costretta a bruciare i suoi istinti solo al calore delle illusioni, mai per crescita spontanea e mai al di là del sogno e della paura?" [...]
Il vento e il carillon sono i segnali sonori nel missaggio dei ricordi. Una memoria filmica che non è nostalgica: è un deposito dove trovano posto «ricordi di rifiuto» [...]
Qui un'intervista ad un autore americano che di recente ha trasformato La strada in uno spettacolo teatrale
Il presepe universale di Charlot

Charlot mi è apparso tra i panettoni, le stelle comete, la neve, Papà Natale, cioè una figura che già nel suo apparire apparteneva a qualche cosa di mitico, di eterno qualche cosa di ghiotto, di goloso, un omino al quale dover gratitudine. Io poi, con l’attrazione per il circo e per i clown, certo come Pinocchio quando incontra i burattini, me lo sarei abbracciato”.
"Per quelli della mia generazione Chaplin é un argomento sconfinato. Charlot si é collocato, e tuttora abita, quella parte della vita che é l'infanzia, la prima adolescenza, stagione che non finisce più e che ci portiamo - con la memoria - sempre con noi: quindi parlare di questo piccolo omino che appariva durante le feste di Natale, nel mio paese arrivavano sotto le feste é una cosa molto speciale, perché le sue immagini si rivestivano come dell'atmosfera di un dono: come la bicicletta, il primo libro, Pinocchio, l'albero di Natale, il presepe, e si confonde Charlot in questa atmosfera festosa".
"In un'epoca di miti guerriere, tutta riverberata dalla romanità, divise, celebrazioni, pugnali, tutti noi volevamo essere come lui: va gabondare per il mondo con quella grazia, quella leggerezza, quella impudenza, quella libertà di un gatto, vagabondare per il mondo, per quel grande immenso paese che era l'America, che nessuno come lui ha raccontato con tanto realismo poetico e grande esattezza".
E proprio Il circo (1928) è il film che Fellini dichiara di amare di più perché contiene “tutto il mondo di Chaplin, tutte le sue ambiguità, risolte però nella vera poesia; gli sembra che si liberi da tutto il chaplinismo, il vagabondo e la poetica del vagabondo, e la polemica sociale, per rimanere soltanto un piccolo gioiello di autentica poesia cinematografica”
"Luci della città è il mio film preferito, è struggente, ed è un film che non morirà mai. Penso che il cinema, specialmente il primo cinema muto, quello delle comiche di Chaplin, Harry Langdon. Buster Keaton, Fatty, Max Linder, Ben Turpin debba molto ai fumetti. Penso a certe tavole di Krazy Kat di Harriman. In fondo quei primi film sono dei fumetti animati, e tutto si richiama alla tecnica del fumetto: dalle prospettive, al taglio dell’inquadratura, quel taglio particolare che si ferma alla caviglia e che prese il nome di “piano americano”".

"Quando ho scoperto il cinema, qualche anno più tardi, scoprii che le comiche mute erano la continuazione delle strips che leggevo sul Corriere dei Piccoli. Sì, posso dire che quella è stata la cultura di cui mi sono nutrito e che il mio cinema non nasce dal cinema".

"Se ho dei debiti di gratitudine o deve riconoscere delle matrici, le identificherei proprio nelle strisce americane. In alcuni miei film, non i primi, ho tenuto presente lo stile, l’atmosfera, la dinamica bloccata nella rigidità, tipici del fumetto. Amarcord, per esempio, non è solo un omaggio all’infanzia, ma anche al mondo dei fumetti: è un film stilizzato, con inquadrature fisse, pochi movimenti di macchina".
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