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Una mente lisergica



Non so molto di Castaneda.  Ma ho in archivio alcuni suoi libri, frutto appunto degli studi di Federico Fellini.  Tanto gli interessava che penso' perfino di fare un viaggio oceanico, lui che non aveva mai lasciato ne' Rimini, ne' Roma ne' lo Studio 5 di Cinecitta'. Fellini decise infatti di girare un film su Carlos Castaneda,  tratto da A scuola dallo stregone, libro del 1968  di culto per gli hippies, i new age, gli artisti, i seeker spirituali ed i curatori magici, allora e forse anche oggi. Volò in America insieme al giovane Andrea De Carlo, di cui aveva ammirato il romanzo Treno di panna, caldeggiato da Italo Calvino, e per questa ragione molto letto anche a casa mia, in compagnia di una bionda astrologa americana, e di Vincenzo Mollica. Il viaggio fu pieno di presagi, messaggi, telefonate, appuntamenti mancati, e fatti stranissimi, che alla fine angosciarono Fellini


La pubblicazione della storia di questo ennesimo film che non venne mai realizzato (ma trovate in forma di libro), avvenne solo in forma di tentativo, di risarcimento, di testimonianza, in 6 puntate nel maggio dell'86, a fumetti, illustrato da Milo Manara e mai ristampato.
 Andrea De Carlo  che ne fece un libro romanzo alla fine, racconta la sua versione dei fatti, in un documentario realizzato da Eugenio Cappuccio e Vincenzo Mollica, per la Rai e qui in un'intervista: "Purtroppo quel viaggio ha finito per guastare la nostra preziosa amicizia. Siamo rimasti entrambi imprigionati dall'orgoglio, incapaci di sbloccare la situazione. Ho ancora il rammarico di non avere compiuto il primo passo per venirne fuori" racconta, con rimpianto. Infatti la storia che Fellini non ebbe il modo di realizzare non si sapeva di chi era, e il fatto che De Carlo, pare chiedendo perfino permesso, la scrisse, concluse il loro rapporto. 

Il brano in cui Fellini racconto' la sua esperienza lo trovate invece sotto altre sembianze qui: 
"... i concetti di volume, colore, prospettiva, sono un modo d'intendersi con la realtà, una serie di simboli per definirla, una mappa, ed era proprio questo rapporto intellettuale che veniva a mancare. 
Come quella volta che per far contenti dei medici amici che stavano studiando gli effetti dell'LSD, accettai di fare da cavia e bevvi un mezzo bicchiere d'acqua dove dentro era stata lasciata cadere un'infinitesima parte di un milligrammo di acido lisergico. Anche quella volta la realtà degli oggetti, dei colori, della luce, non aveva più alcun senso conosciuto. 
Le cose erano se stesse, sprofondate in una grande pace luminosa e terrificante. In momenti come quello le cose non ti pesano; non vai a bagnare tutto con la tua persona, come un'ameba. 
Le cose diventano innocenti perchè togli di mezzo te stesso; una verginale esperienza, come il primo uomo può avere visto vallate, praterie, il mare. Un mondo immacolato che palpita di luce e di colori viventi col ritmo del tuo respiro; tu diventi tutte le cose, non sei più separato da loro, sei tu quella nube vertiginosamente alta nel mezzo del cielo, e anche l'azzurro del cielo sei tu, e il rosso dei gerani sul davanzale della finestra, e le foglie, e la trama fibrillante del tessuto di una tenda. 
E quello sgabello davanti a te che cos'è? Non sai più dare un nome a quelle linee, a quella sostanza, a quel disegno, che vibra ondulando nell'aria, ma non ti importa, sei felice così. Huxley ha mirabilmente descritto questo stato di coscienza provocato dall'Lsd: la simbologia dei significati perde senso, gli oggetti sono confortanti per la loro gratuità, per la loro assenza-presenza; è la beatitudine. 
Ma improvvisamente essere tagliato fuori dal ricordo della mediazione concettuale ti fa sprofondare in un abisso d'angoscia insostenibile; di colpo quella che un attimo prima era l'estasi ora è l'inferno. Forme mostruose senza senso nè scopo. Quella nube schifosa, quell'atroce cielo azzurro, quella trama oscenamente respirante, quello sgabello che non sai che cos'è, ti strangolano in un orrore senza fine."



A seguire qui ripubblico invece un  breve resoconto affine forse alla vicenda messicana, e di esperimenti lisergici di Fellini, tratto dalla Repubblica dell'epoca:


"Era o non era il mago di Rimini? Era o non era il più grande visionario del cinema italiano? 
Può allora sorprendere che un Federico Fellini quarantenne acconsentisse ' a farsi impasticcare di Lsd' dall' amico scienziato in vena di alchimie cerebrali?  Le agenzie di stampa, ieri pomeriggio, ne hanno enfatizzato la notizia. 
Era l' epoca della beat generation, Jack Kerouac aveva appena pubblicato in America On the road e lo scrittore Timothy Leary andava intonando peana liberatori sull' acido lisergico. Volle provarlo anche Fellini, sotto controllo medico. Parlò per sette ore di seguito e camminò su e giù per la stanza senza fermarsi mai. Emozioni, poche. Delusione, tanta. E non poteva essere altrimenti. 
Una pasticca d' acido per Fellini è come un caffé doppio per un ansiogeno. Perchè, dunque, dare tanto risalto all' evento, quando ne aveva già scritto lui stesso nel volume autobiografico Fare un film (Einaudi)? 
La risposta è in un libriccino dalla copertina gialla appena arrivato in libreria. S'intitola Imago. Appunti di un visionario (edizioni Semar), e porta la firma di Toni Maraini, scrittrice e storica d' arte (e sorella minore di Dacia). Il volumetto contiene una conversazione-intervista inedita con il regista. 
"Il contatto telefonico con Fellini non lo avrei mai avuto", racconta Toni Maraini, "se Alberto Moravia, con le sue maniere benevole e brusche, non avesse telefonato a Fellini per dirgli che mi conosceva da quando ero ragazzina, e che era sicuro che non lo avrei seccato con domande inutili". 
Era il marzo del 1990, una giornata fredda e ventosa. Bastò il nome di Krishnamurti per accendere la fantasia di Fellini. La magia, i poteri paranormali, le atmosfere sovrannaturali l' avevano sempre attratto. La sua affabulazione copriva argomenti di registro vario, elevandosi dal mago Rol, prodigioso fenomeno di parapsicologia, a Carl Gustav Jung, la sua stella polare, il maestro che più gli aveva insegnato "a recuperare tante energie sepolte sotto le macerie di timori, inconsapevolezze, ferite trascurate". 
La sintesi perfetta tra razionalità e fantasia, scienza e magia. Fellini tracimava lieve attraverso ricordi, sogni e profezie, e la Maraini registrava. 
Finché un giorno il regista le raccontò dell' amico scienziato che l' aveva persuaso, dopo aver girato Otto e mezzo, a sperimentare l' Lsd. Poi se ne pentì. La chiamò al telefono, e le chiese di cancellare la registrazione. 
Perché tanto pudore, tanta riservatezza?. "Temeva di non essere compreso", risponde oggi Toni Maraini. "Fellini era abitato da un' acuta, nostalgica, malinconica, scherzosa e sensuale curiosità per gli esseri e le cose. La tentazione dell' Lsd rientra in questo quadro. Ma in fondo non era stata un' esperienza significativa. Fellini aveva conservato pochi e incerti ricordi. In un certo senso, si trattò d' una rimozione, tant' è vero che non volle mai ascoltare la registrazione di quel che mi disse quel pomeriggio". 




Il disegnatore Milo Manara, che con Fellini ha collaborato in più lavori, suggerisce una diversa chiave: 
"Federico era rimasto deluso. L' allucinogeno non gli aveva certo dischiuso panorami nuovi e insospettabili. Il suo bagaglio immaginativo era tale che una pasticca d' acido poteva far poco. Una volta, scherzando, mi confessò che la sua vita emotiva ordinaria era assai più intensa". 
Per Manara si trattò di una storia grottesca: "L' iniziativa partì da un' équipe medica che voleva sondare le potenzialità espressive dell' acido in una mente immaginifica come quella di Fellini. Una sperimentazione che oggi può sembrare comica, ma allora era giustificata dai miti della beat generation"
Alla figura di Manara è legato l' altro episodio "rimosso" della vita di Fellini: Viaggio a Tulum, il misteriosissimo film ispirato dai racconti del leggendario ' antropologo stregone' Carlos Castaneda e mai realizzato (Viaggio a Tulum diventerà un fumetto firmato da Manara).  "Fellini", racconta Toni Maraini, "volle censurare tutti i dettagli bizzarri del viaggio da Los Angeles a Tulum, in Messico, dove era andato per girare il film tratto da Castaneda. 
Mi disse che c' erano troppi misteri: eventi inquietanti e minacciosi più che seducenti e meravigliosi. Fellini amava il meraviglioso e s' interessava di fatti paranormali, ma non di magia nera, ed era infastidito dai tenebrosi risvolti di tutta quella storia: biglietti che apparivano dal nulla, telefonate misteriose, parole sussurrate, apparizioni inattese di Castaneda il quale, alla fine, scomparirà nel nulla!". 
Disse una volta Fellini: "Quanto più l' enigma è indecifrabile, tanto più c'è l' obbligo di suggerire una spiegazione". 
Allora forse non ne fu capace, e il film non lo fece.



Oltre alla intervista della collega Simonetta Fiori, per La Repubblica, 1994, e della collega Marain, in questo post ho accumulato altre cose. Su Tulum e il non-incontro con Castaneda trovate un folle e personale documentario, "Fine Mai" di Vincenzo Mollica ed Eugenio Cappuccio, del 2019, molto bizzarro e sgangherato, dove questa vicenda viene per accenni ripresa. QUI il trailer.  
Accanto il fumetto di Manara. 
 

Tutte le altre immagini sono prese dal film Giulietta degli Spiriti in cui proprio i colori, e le scenografie trasmettono questo senso di materica magia del colore, e trasformano gli oggetti ed infondo hanno qualcosa di lisergico. Ne parla Fellini a lungo, e trovate cercando (colore, Giulietta, surreale, angoscia, Fellini non ama viaggiare, per esempio) nella colonna di parole-chiave di questo archivio, che serve a fare libere associazioni, come foste dentro una mappa mentale. Scrivete un messaggio o condividete il post. I link sono esterni, invece, le fonti citate, rispettatele, le foto spesso della curatrice. Grazie. 



L'artista non lo sa!




"Come mai ad un film, e quindi al suo autore, si attribuisce il dovere carismatico di risolvere questioni che non hanno niente a che fare con il suo lavoro? Perché da un film si pretendono risposte chiare, nette, definitive sulla vita, sul mondo, sui grandi problemi? Un film invece, se è un prodotto artistico, non ha intenzione di indicare le strade nelle quali il mondo dovrebbe muoversi".


F. Fellini ne Il Tempo del 5 novembre 1978, intervistato dal critico  G. L. Rondi.  
Sul tema del lavoro del poeta, del cinema, dell'artista, parola che Fellini non amava, sul suo lavoro di sutura come lo chiamava, trovate molti brani, trascritti o audio, ed in particolare cercando: medium, pericoli, perizia, poesia. Questo piccolo archivio appare come una mappa mentale, se navigate tra le parole, le  trovate alla destra del vostro schermo, segnerete un vostro cammino; infondo alla pagina potete lasciare un messaggio, nello spazio apposito, vuoto come un fumetto, oppure potete condividere i post e contribuire a questo lavoro.  



Bello come Gregory Peck








Brano dal libro  di Fausta Leoni, giornalista Rai, scrittrice, conoscente di Fellini, che ha pubblicato nel 1969 “Karma”  (nel libro racconterebbe di un'interesse cinematografico di Fellini al suo libro, lasciato cadere). 


Proteggete la conoscenza, condividete questo post, i pulsanti sono in basso; altrimenti e se lascerete un messaggio farete sapere che anche voi siete passati da qui. L'archivio funziona come una mappa mentale, conoscete voi stessi, cercando nella colonna alla destra dello schermo. Mentre le immagini ed i testi per ragioni anche di stile non sono legate in alcun modo.
















Giulietta mi porta via


«Giulietta mi è parsa subito una misteriosa creatura che richiamava una mia nostalgia di innocenza... Vi è una parte di incantesimi, magie, visioni, trasparenze 
la cui chiave è Giulietta. Proprio così. 
Mi prende per mano e mi porta in zone 
dove da solo non sarei arrivato [...] Giulietta ha gli stupori, gli sgomenti, le improvvise esplosioni di allegria ma anche gli altrettanto improvvisi rattristamenti 
di un clown [...] mi è parsa subito una 
misteriosa creatura che richiamava una mia nostalgia di innocenza... Vi è una parte di incantesimi, magie, visioni, trasparenze 
la cui chiave è Giulietta. Proprio così.
 Mi prende per mano e mi porta in zone dove da solo non sarei arrivato»




La sfera celeste di Nino




"Ma il collaboratore più prezioso di tutti, posso rispondere senza riflettere, era Nino Rota. Tra noi c'è stata subito un'intesa piena, totale, fin dallo Sceicco bianco, il primo film che facemmo insieme. La nostra intesa non ha avuto bisogno di rodaggio. Io mi ero deciso a fare il regista e Nino esisteva già come premessa perché continuassi a farlo. 

Aveva una immaginazione geometrica, 

una visione musicale da sfere celesti, 
per cui non aveva bisogno 
di vedere le immagini dei miei film. 

Quando gli chiedevo quali motivi aveva in mente per commentare questa o quella sequenza avvertivo chiaramente che le immagini non lo riguardavano: il suo era un mondo interno, in cui la realtà aveva scarsa possibilità di accesso. Viveva la musica con la libertà e la facilità , di una creatura che viva in una dimensione che le è spontaneamente congeniale. 

Era una creatura che portava con sé una qualità rara, quella qualità preziosa che appartiene alla sfera dell'intuizione. Era questo il dono che lo manteneva così innocente, aggraziato, lieto. Ma non vorrei essere frainteso. 
Quando si presentava l'occasione, o anche quando l'occasione non si presentava, diceva delle cose acutissime, profonde, dava giudizi di impressionante esattezza su uomini e cose. 



Come i bambini, come gli uomini semplici, 

come certi sensitivi, come certa gente 
innocente e candida, 
diceva improvvisamente 
delle cose abbaglianti...


Durante la lavorazione dei miei film ho l'abitudine di usare certi dischi in sottofondo; la musica può condizionare una scena, darle un ritmo, suggerire una soluzione, un atteggiamento del personaggio. Ci sono dei motivi che mi porto dietro da anni, vergognosamente, La Titina, la Marcia dei Gladiatori, che sono legati a precise emozioni, a temi viscerali. Poi ovviamente capita che quando ho finito di girare il film mi affeziono a quella colonna sonora improvvisata e non vorrei più cambiarla. Nino mi dava subito ragione, diceva che i motivi con i quali avevo girato erano bellissimi (anche se si trattava della più zuccherosa e sgangherata canzonetta), che erano proprio quelli giusti e che lui non avrebbe saputo fare di meglio. E mentre diceva così giocherellava con le dita sul pianoforte. «Che cos'era questo?», domandavo io dopo un po'; «Cosa suonavi?» «Quando?» chiedeva Nino con aria distratta. «Adesso - insistevo - mentre parlavi hai suonato qualcosa». «Ah, sì? - diceva Nino - Non so, non mi ricordo più». E mi sorrideva con l'aria di volermi tranquillizzare: non dovevo aver rimorsi o scrupoli, i dischi che avevo usati erano bellissimi. E intanto continuava ad accarezzare la tastiera del pianoforte come per caso qua e là.

Nascevano così i nuovi motivi del film che mi conquistavano subito, e mi facevano dimenticare le suggestioni delle vecchie canzonette usate durante le riprese. 

Io mi mettevo lì, presso il piano, a raccontargli il film, a spiegargli cosa avevo voluto suggerire con questa o quella immagine, con questa o quella sequenza; ma lui non mi seguiva, si distraeva, pur se annuiva, pur se diceva di sì con grandi gesti di assenso. In realtà stava stabilendo il contatto con se stesso, con i motivi musicali che già aveva dentro di sé. E quando quel contatto veniva stabilito, non ti seguiva più, non ti ascoltava più, metteva le mani sul pianoforte e partiva come un medium, come un vero artista. 
Alla fine gli dicevo: «È bellissimo!». 

Ma lui mi rispondeva: 

«Non me lo ricordo già più». 
Erano delle catastrofi 
alle quali in seguito facemmo fronte con i magnetofoni, i registratori. Ma bisognava metterli in funzione 
senza che se ne accorgesse, 
altrimenti il contatto con la sfera celeste si interrompeva [...] 







QUALCHE DETTAGLIO PRATICO PER ANDARE AVANTI O PERDERVI CON GIOIA: 

Vedrete che ho trascurato quasi interamente pettegolezzi, e letture agiografiche e tutta quella narrativa marketing o delle fazioni della battaglia politica, a meno che non potesse essere utile a fare un ritratto dell'epoca, inoltre ho dato molto spazio alle cose minori, silenziose, come ad esempio Nino Rota, senza la cui presenza l'arte di Fellini non sarebbe universalmente nota e riconoscibile, per il suo suono,  come e'. 
Dove ho potuto ho citato la fonte. Le immagini non sono mai o quasi mai legate ai testi, per motivi di stile e per le stesse ragioni invece quando uscite dal sito dovete ritornarvi da voi. Qualche volta i brani sono in in lingua originale, soprattuto documenti e recensioni, e lo indico sempre. Le pochissime cose oltre a questa che ho scritto io medesima, e non sono pensieri di Fellini, o di interesse sulla sua storia nella storia culturale del paese o sulla sua poetica, di solito di altri artisti o suo cari amici, viene indicato anche nelle tag, come "la nana di fellini". 

Su Twitter, Pinterest e Facebook nel tempo, per motivi diversi, ho creato delle piccole vetrine, in inglese anche,  di questo progetto, che spero possa scuotere soprattutto il mondo della cultura e delle arti, e ispirarci. Siate gentili. 



Qui un marcetta "di Carlotta", composta pare, dal vero Maestro Rota. Cose bellissime. Grande gratitudine ai maestri e le maestre. Love. 







Il film sui bambini







Sono stato in collegio, a Fano. Era un edificio enorme - racconta - con grandi corridoi bui, senza luce elettrica, oppure c'era una lampadina ogni tanto: probabilmente essere rimasto intere nottate sveglio in questi enormi camerini veramente funebri, così, ascoltando il 
fruscio di una tonaca di qualche sorvegliante. 


Ho in testa di fare una storia proprio sui bambini, una volta o l'altra. Quando farò questa storia di bambini, questo collegio credo avrà una parte particolarmente importante.

«Poi ho fatto gli studi a Rimini, ho fatto il ginnasio, ho fatto il liceo. Naturalmente non ero uno studente così esemplare, e quel periodo di vita è abbastanza simile a quello che ho raccontato ne I vitelloni, con queste passeggiate, l'attesa dell'estate, l'inverno. Perché in Italia, la provincia, durante l'inverno non è soltanto così disperata e vuota e immobile come sembra, è un'immobilità sotto la quale cresce qualcosa, cioè fermenta qualche cosa. 

In definitva, credo moltissimo agli artisti che vengono dalla provincia, perché la loro formazione culturale si svolge veramente sotto il segno della fantasia, cioè sotto il segno di qualche cosa che, costretta dal torpore e dall'immobilità, si sviluppa per una via fantastica che è la ricchezza più grossa che un artista può desiderare».


Ed oggi, che i bambini non si annoiano piu', che vanno sempre in giro, che hanno gli occhi saturi di immagini confezionate come merendine? Oggi c'e' da aver paura per l'arte ma anche per l'umano. 






Il brano sopra pubblicato e' stato dall'intervista inedita a André Delvaux,  trascritta dalla rivista di studi felliniani Amarcord, realizzata dalla Fondazione. Mentre la fotografie sono di Amarcord e Giulietta degli SPIRITI, dove alla fine l'infanzia la salva. Questo film non lo fece mai. Ma ci penso'. Ricordo conversazioni, e si capiva che voleva capire, da dove venivi tu, bambina, gnoma, nana, muta, con tutta quella intelligenza, quella luce, quel sapere: son quasi certa che parte delle domande del mistero siano  nate dall'arte.Scrisse di questo, che era il film impossibile da fare, perche' i bambini appunto guardano, tacciono, e in quegli sguardi c'e' tutto un mondo, ma e' impossibile, non si puo' fare, diceva. 


QUALCHE DETTAGLIO PRATICO PER ANDARE AVANTI O PERDERVI CON GIOIA: 

Vedrete che ho trascurato quasi interamente pettegolezzi, e letture agiografiche e tutta quella narrativa marketing o delle fazioni della battaglia politica, a meno che non potesse essere utile a fare un ritratto dell'epoca, inoltre ho dato molto spazio alle cose minori, silenziose, come ad esempio Nino Rota, senza la cui presenza l'arte di Fellini non sarebbe universalmente nota e riconoscibile, per il suo suono,  come e'. 
Dove ho potuto ho citato la fonte. Le immagini non sono mai o quasi mai legate ai testi, per motivi di stile e per le stesse ragioni invece quando uscite dal sito dovete ritornarvi da voi. Qualche volta i brani sono in in lingua originale, soprattuto documenti e recensioni, e lo indico sempre. Le pochissime cose oltre a questa che ho scritto io medesima, e non sono pensieri di Fellini, o di interesse sulla sua storia nella storia culturale del paese o sulla sua poetica, di solito di altri artisti o suo cari amici, viene indicato anche nelle tag, come "la nana di fellini". 

Su Twitter, Pinterest e Facebook nel tempo, per motivi diversi, ho creato delle piccole vetrine, in inglese anche,  di questo progetto, che spero possa scuotere soprattutto il mondo della cultura e delle arti, e ispirarci. Siate gentili. 



Qui un marcetta "di Carlotta", composta pare, dal vero Maestro Rota. Cose bellissime. Grande gratitudine ai maestri e le maestre. Love. 





Fellini Yoghi


Che cosa appare il distacco a Fellini, in un episodio di trascendenza, dopo una reale prova lisergica deludente. L'esperienza gli era stata suggerita dalla lettura del libro di Aldous Huxley "Le porte della percezione" che trovate qui.  


"Le porte alle dimensioni altre sono gia' aperte per un artista, la realta' appare gia' come una bellezza innocente" dice. "Ma quando ho provato a guardare le cose senza occhio umano, come una telecamera, camminavo come un robot".  
QUI, il resto, in inglese.


Fellini the Best


Queste sono alcune delle piu' lucenti e  fulminanti (tranne la pasta che sospetto sia stata una trovata  gigiona, che infatti spopola) frasi, da cui infondo tutto questo lavorone e' cominciato. Sono abbinate ad alcuni privati suoi disegni, come in un Cd the best, e comincia cosi' questo viaggio, dentro la sua mente. Proviamo.



"Nulla si sa
tutto si immagina".





"Preferisco credere
a tutto
e' piu' igienico".






"Le idee, tutte quelle scatolette ... "







"Un linguaggio diverso e' una diversa visione della vita"





"Life is a combination of magic and pasta".


Questo piccolo archivio-omaggio funziona come una mappa mentale, navigatelo e condividete i post che leggete o lasciate un piccolo segno del vostro passaggio, se ne avete avuto un qualche giovamento.