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Il miracolo del movimento


Sono un narratore.

Cosi vorrei essere ricordato.

Il cinema mi piace
perche' ricrea la vita,
il movimento, la esalta.
Per me e' piu vicina alla creazione
miracolosa della vita, che per esempio, un quadro, o la musica... Non e' solo una forma d'arte, ma una nuova forma di vita coi suoi ritmi, cadenze, prospettive. 


In fondo a questa paginetta ci sta uno spazio vuoto, predisposto come un fumetto, per scrivere voi medesimi qualcosa: se lascerete un messaggio anche voi sarete passati da qui. La mappa che state usando funziona colle libere associazioni, conoscete leggendo, mentre in questa specie di archivio in movimento, le immagini ed i testi non hanno quasi mai relazione. Dove vedete scritto "QUI" si deve cliccare per ascoltare un audio o video.

Laboratorio Number Five





«Il ricordo è già una alterazione della realtà, una visione mediata di ciò che è veramente accaduto. Raccontare episodi, personaggi, incontri, avvenimenti, passioni filtrati dalla memoria significa esprimere qualcosa che, per essere 
in qualche modo fedele alle emozioni e ai sentimenti che ha suscitato, deve necessariamente essere arricchita di suoni, luci, colori, atmosfere, suggestioni, che possono essere ricreati soltanto in quel laboratorio magico, alchemico, demiurgico che per un cineasta è il teatro di posa. Nel Teatro n. 5 di Cinecittà io ho ricreato tutto»


«La luce è ideologia, sentimento, colore, tono, profondità, atmosfera, racconto. 
La luce fa miracoli, aggiunge, cancella, riduce, arricchisce, sfuma, sottolinea, allude, fa diventare credibile e accettabile il fantastico, il sogno e, al contrario, può suggerire trasparenze, vibrazioni, dà miraggio alla realtà più grigia, quotidiana […] il film si scrive con la luce, lo stile si esprime con la luce».






 Infondo al post trovate un piccolo spazio bianco da riempire con un pensiero, un'emozione, se vorrete, e anche tutti gli artifici per condividere la conoscenza, e  in qualche modo essere gentili e proteggere questo lavoro. Grazie. 

Ma gli alberi hanno paura?


"A volte mi capita di ascoltare tra l'incantato e l'incitrullito certe interpretazioni dei film fatte da prospettive che mi sono del tutto estranee. Subisco le definizioni, le accetto. Ad esempio il barocchismo, il contorto, il labirintico ... sono definizioni surrealiste, pertinenti, ma ecco, le subisco, io diffido molto di quello che diventa filosofico o spiritualista. Quando mi parlano dei miei film come tentativi di rappresentare la vita resto lusingato ma anche diffidente. 


Vedendo le mie cose dall'intero, come faccio sempre, non avevo mai pensato che da fuori potessero essere viste così.

Tutte le volte che vengo invitato a guardare da un punto di vista esterno quello che faccio, c'e' qualcosa dentro di me, che per timidezza, per inadeguatezza, per incompetenza, si ribella, fugge via. Posso rispondere soltanto se mi si domanda: come hai fatto ad esprimere quel sentimento di paura in un albero?".



in Virgilio Fantuzzi. 
Il vero Fellini, Ave editrice

pagina 172


La via piccola

"Un amico
mi rende
felice".





FF, ne L'Apra di Fellini, di padre Arpa.Edizioni dell'Oleandro.  Una piccola cosa da dire della vita, molto seria, tra le tante buffonate che disse e diciamo tutti. 
Eppure questo piccolo archivio digitale funziona come una mappa mentale, usando le libere associazioni, che trovate nella colonnina alla destra dello schermo. Per questo sapere che siete passati da qui, condividendo un post o lasciando nello spazio bianco infondo a questa paginetta, arrichiesce il lavoro ed e' un gesto di amicizia. 












I miracolosi legamenti


Sono stato in collegio a Fano come la maggior parte dei ragazzini della mia generazione, tra gli otto ed i quattordici anni diventava una stagione inevtabile: erano antichi sacerdoti, tenuto dai monaci che si chiamavano i carissimi, avevano quel collarino che misi poi ad Anita nella scena della Dolce Vita. 



Si metteva allora in collegio qualcuno che doveva essere educato, cambiato, e quindi gia' l'ingresso era qualcosa che ricordava un pochino il carcere; e l'educazione era l'educazione che moltissimi in Italia hanno avuto, una educazione castrante, mutilante, a carattere repressivo, dove il bambino era folle, pericoloso, qualcosa di malato, su cui intervenire pesantemente con codici, fatti educativi, terapeutici e mutilanti, quindi una diseducazione, adesso lo ho detto in tutti i miei film, di questi aspetti abberranti, di questo tipo di educazione che tentava di staccarti dalla vita e proiettava sulla vita tutta una serie di visioni deformanti, insomma una alterazione, che metteva il bambino fuori dalla vita. Cose che colla vita non avevano niente a che fare. 

Questo e' un tema ricorrente dei mie film, di questo tradimento fatto alla vita da questo tipo di educazione. Pero' con gli anni mi subentra una specie di visione diversa, non rinnego la polemica, voglio dire pero' che anche questo tipo di educazione mi ha nutrito all'incontrario, provocando delle forme reattive di difesa, ed ora non vorrei parere reazionari, ma anche i condizionamenti a modo loro sono stati utili, utili ovvio per chi puo' con la cultura o la vita stessa, di affrancarsi da questi condizionamenti e vederli da un punto di vista diverso, una operazione che non e' possibile per tutti quanti, ma io almeno ho ammorbidito  questo atteggiamento.

Ma penso comunque in tutta sincerita' di educare il bambino a guardare alla vita coi suoi occhi, e non con delle lenti che della vita danno una visione distorta, insomma bisognerebbe compiere un miracolo di formare dei maestri, ma chi li forma i maestri, che possano far sviluppare questo miracolo, che e' l'uomo bambino, senza tagliare e sopprimere i suoi legamenti misteriosi colla natura, con le dimensioni da cui viene, e proviene, farlo crescere radialmente, sfericamente, in tutte le direzioni. 
Invece sono state create persone nevrotiche, intere generazioni di gente che e' finita al cimitero o al manicomio, di gente deforme, gobbi, nani. 


8/5/77, Madrid. Intervista TV con J. Serrano
Il resto qui.

 



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La suggestione invincibile





“Ma ecco che qualche cosa di misterioso, un’inconscia e invincibile suggestione, sembrò neutralizzare tutto quell’apparato di irriverente spettacolarità: la troupe, una troupe romana di cinema, ossia la miscela più inattaccabile di burbanza pretoriana e sonnolento scetticismo, che non si scompone per organica refrattarietà né davanti a miracoli né a catastrofi, al momento dell’apparizione del papa, concepita come una specie di immacolata, candida, sfavillante epifania, incorniciata dentro una grande trina di oro rilucente e contro una ruota sfolgorante che dietro la sua figura emanava bagliori di luce intensissima e raggiante, si fece via via sempre più silenziosa. Solo vocii smorzati, parole sussurrate, bisbigli. [...] La figura del papa, così ieratica e irraggiungibile, così sontuosamente e disumanamente regale, agiva con la forza occulta dell’archetipo, imponendoci anche nell’artificio una specie di ipnotica, incantata soggezione. La suggestione insomma era più forte della consapevolezza che eravamo stati noi a crearla, a trasmetterla, a suscitarla”.





Federico Fellini, Un regista a Cinecittà, Mondadori, Milano, 1988, pp.100-105

Il miracolo senza peso





La Dolce Vita fu vista per la scena dell'orgia finale?  Accadde questo a Milano, quando il film usci' in sala?  E quale fu il gesuita solitario, che venne dall'India, ed aiuto' Fellini, in lacrime?. Le puntate precedenti di questa storia incredibile oggi, la trovate cercando ma qui la viva voce di un testimone, che disse subito che era un film morale. 

Dieci anni dopo Pasolini disse che era un film cattolico. Cosa scandalizzo' il popolino e cosa il potere?. Fu Paolina, alla fine, vera eresia?.  Molte risposte di peso e senza peso qui

Cose oggi lontanissime.



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