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'Namo a vede' Roma



Mi ricordo una frase, che mi colpi' molto e che sentivo ripetere dai miei padroni di casa quando, agli inizi, abitavo in una camera ammobiliata. Il figlio della padrona di casa, la sera, diceva alla mamma e alla moglie: 'nnamo a veder' Roma.

Abitavamo nei pressi di Santa Maria Maggiore. C'era in loro l'idea di concedersi, una sera passeggiando per Roma, come in uno spettacolo. Non credo che due milanesi dicano: andiamo a vedere Milano ...





UNA LEGENDA O QUASI:  
Vedrete che ho trascurato quasi interamente pettegolezzi, e letture agiografiche e tutta quella narrativa marketing o delle fazioni della battaglia politica, a meno che non potesse essere utile a fare un ritratto dell'epoca, inoltre ho dato spazio alle cose minori, silenziose, come ad esempio Nino Rota, senza la cui presenza l'arte di Fellini non sarebbe universalmente nota e riconoscibile, per il suo suono.
Dove ho potuto ho citato la fonte. 
Le immagini non sono mai o quasi mai legate ai testi, per motivi di stile e per le stesse ragioni invece quando uscite dal sito dovete ritornarvi da voi. 
Qualche volta i brani sono in in lingua originale, soprattuto documenti e recensioni, e lo indico: se i link sono rotti per favore avvisate Google, che è la piattaforma che ci ospita, e che tutto può. 
Le pochissime cose oltre a questa che ho scritto io medesima, e non sono pensieri di Fellini, o di interesse sulla sua storia nella storia culturale del paese o sulla sua poetica, di solito di altri artisti o suo cari amici, viene indicato anche nelle tag, come "la nana di fellini". 
Qui un marcetta "di Carlotta", composta pare, dal vero Maestro Rota. 
Siate gentili




Quel che la mamma dice




"Sì, i ricordi però guarda che me li invento, molte volte. 

Non riesco più a farne una distinzione tra le cose che sono 
proprio accadute, tanto è vero che mia mamma ogni tanto 
mi dice: 

Ma quando mai tu sei scappato dal circo? Ma quando mai hai fatto…?  Ma quando mai sei stato in collegio?  
Invece a me pare proprio che è successo, vedi un po’  cosa vuol dire avere un’immaginazione accesa" 

(pag. 21).   

Scritti e immaginati  – I film mai realizzati di  Federico  Fellini (Guaraldi editore: le immagini invece sono dal film l'Intervista con l'attore Rubini e la vera Anita) del giovane Alessandro Casanova, riminese, classe 1980, rimette insieme  alcuni documenti: soggetti, appunti, idee per film da realizzare, che non si fecero. MAterial originale, ed inedito.  Dunque, ecco:  A) soggetto integrale di Moraldo in città (pubblicato a puntate sulla rivista "Cinema" nel corso del 1954) B) il progetto del film Les femmes libres de Magliano (pubblicato nei "Cahiers du cinéma" nel luglio 1957) C) il soggetto di A journey with Anita (pubblicato nel 1983 unitamente  a Moraldo in the city dall’University of IllinoiD) il progetto 1970: notes sur "Une femme inconnue" (pubblicato nella rivista "Positif" nel 1977-78) E) gli appunti per la serie Poliziotto, storia vera di Nicola Longo, 1982, inedito. Uno dei capitoli più interessanti è quello dedicato a Il viaggio di G. Mastorna, che Fellini avrebbe dovuto girare dopo Giulietta degli spiriti e che mai  fece  (tracce di quel film mai realizzato sono riscontrabili in quasi tutte le sue opere successive, fino a La voce della luna, come abbiamo riportato anche in questo archivio: un fertilizzante, lo definisce Fellini). 

Proteggete la conoscenza, condividete questo post, con chi amate preferibilmente, i pulsanti sono in basso, e se lascerete un messaggio farete sapere che anche voi siete passati da qui. 




Il megalomane Michelangelo


Non c'era Papa 

abbastanza grande 
per Michelangelo, 
non c'e' produttore 
abbastanza grande per Fellini, 
disse di lui Rossellini. Che forse lo odiava. 







Proteggete la conoscenza, condividete questo post, c'e' anche uno spazio vuoto per i pensieri o i sentimenti,  se quello che leggete vi riguarda, almeno, contribuirete al lavoro. Le immagini ed i testi per ragioni di stile non sono legate in questo archivio, che funziona invece come una mappa mentale, conoscete voi stessiFoto bellissima, omaggio a Morandi, dentro La Dolce Vita. 


L'antipatia del bugiardo





«Se ripenso alla mia infanzia vedo un ragazzino abbastanza antipatico nel suo modo di essere istrione, di essere bugiardo, di fingere, di atteggiarsi. Quando ero ragazzino, io ero estremamente magro, molto magro, e molto pallido. E c'era anche un compiacimento in questo aspetto leggermente inquietante perché avevo gli occhi grandi, i capelli neri. Allora tentavo di sottolineare questo aspetto un pochino lugubre vestendomi di nero, con le calze nere, poi avevo una frangetta nera tagliata alla bebè con i capelli lunghi». 




dall'intervista inedita a André Delvaux, bella e molte volte qui trascritta come un'amanuense. 
Proteggete la conoscenza, condividete questo post, c'e' anche uno spazio vuoto per i pensieri o i sentimenti,  se quello che leggete vi riguarda, almeno, contribuirete al lavoro. Le immagini ed i testi per ragioni di stile non sono legate in questo archivio, che funziona invece come una mappa mentale, conoscete voi stessi.

Ci manchi


Gilberto Tura, Serravalle – 
Repubblica di San Marino

Lettera ad un giornale locale






(…) Parallelamente all’interesse per la filmografia e l’opera,  mi hanno sempre molto incuriosito e affascinato la personalità  e i tratti umani e caratteriali di Fellini, tanto da subire una fascinazione e provare un autentico godimento nel sentire la sua 

vocina, spesso infastidita nel dover rispondere a domande che  probabilmente giudicava banali o che riteneva violassero la sua intimità artistica, nelle tante interviste che ha rilasciato. Il suo parlare e il suo linguaggio, poi, mai retorico, mai scontato, ben lungi dall’usare aggettivi, espressioni standardizzate, erano ricchissimi di sfumature, di spunti, suggestioni che mi trasmettevano un intenso piacere interiore. (…)



Per farle capire quale ruolo Fellini ha avuto nella mia “educazione esistenziale” le confesso che un giorno venni assalito da una strana forma di angoscia derivante dall’improvvisa consapevolezza (all’epoca avevo poco più di vent’anni) della caducità dell’esistenza umana secondo la quale anche Fellini (che all’epoca aveva passato i 60) un giorno, forse neppure tanto lontano, non sarebbe più stato un mio contemporaneo e il fatto di sapere che prima o poi non avrei potuto più condividere con lui lo stesso tempo mi ha fatto sentire come un futuro orfano. 



La sua presenza mi dava sicurezza, mi garantiva che il mondo, lui vivente, sarebbe stato un po’ meno orrendo: lo avvertivo come una protezione da una società sempre più marcia e incomprensibile. Un punto di  riferimento, una certezza su cui l’umanità poteva contare. 

Poi la morte è sopraggiunta inesorabile e anche un po’ precoce e questo sentimento mi è ricomparso, e ai primi di novembre del 1993 sono andato a omaggiare la bara del maestro, assieme a molti romagnoli, nel foyer di quel che resta del teatro Galli di Rimini (conservo ancora un primo piano a colori del regista con il naso posticcio rosso e rotondo da clown che veniva distribuito ai presenti). 

Di Fellini è stato autorevolmente detto e scritto moltissimo; non sono certo io la persona più adatta ad aggiungere un giudizio originale; ma ricordo una frase in risposta a un intervistatore che a mio parere non potrebbe meglio riassumere il senso della sua poetica: «Non è importante che la storia sia vera o verosimile, l’importante è che sia vera e autentica l’emozione rappresentata».



La fama di bugiardo è del tutto inappropriata e irrilevante riferita a Fellini perché la sua opera è la testimonianza di una sincerità assoluta, struggente, in cui l’artista ha riversato interamente se stesso, con tutte le energie disponibili, fino al punto a volte da imbarazzare lo spettatore, senza mai dare l’impressione di risparmiarsi. Solo ai grandissimi artisti è  concesso questo privilegio. Ecco, le affido una breve dichiarazione d’amore (forse un po’ sgangherata) da parte di un amante di cinema nei confronti di un genio che lei ha avuto il privilegio e la fortuna di frequentare e conoscere molto bene.







Questo a
rchivio funziona come una mappa mentale, per associazioni libere, cercate da soli: le immagini solitamente non sono legate ai testi, mentre sempre i link esterni restano esterni, per rispetto della cultura digitale, che questo piccolo spazio testimonia; poi lasciate una traccia del vostro passaggio qui, se volete. 




Osciadlamadona

"A Gambettola, nell’entroterra romagnolo, ci andavo d’estate. Mia nonna teneva sempre un giunco nelle mani, col quale faceva fare agli uomini certi salti da cartone animato. Insomma, faceva filare gli uomini presi a giornata per lavorare il campo. La mattina si sentivano risatacce e un gran brusìo. Poi, davanti a lei che appariva, quegli uomini violenti assumevano un atteggiamento di rispetto, come in chiesa. La nonna, allora, distribuiva il caffelatte e si informava di tutto. Voleva sentire il fiato di Gnichéla, per scoprire se aveva bevuto la grappa: e questi rideva, dava gomitate al vicino, per il pudore, diventava un bambino.
Mia nonna era come le altre donne romagnole. Una di queste, tutte le sere, andava all’osteria a prendere il marito ubriaco e lo caricava sopra una carriola per condurlo a casa (NDR scena vista nel film I clowns). Lui si chiamava Ciapalòs, che non è un nome greco, ma vuol dire “Prendi l’osso”. Una sera, l’uomo se ne stava con le gambe penzoloni fuori dalla carriola trascinata dalla moglie, in uno stato di beata mortificazione, dopo aver sopportato il dileggio generale. Quella sera, io incontrai gli occhi dell’uomo, sotto il cappellaccio. (…)
Un giorno mi piacerebbe fare un film sui contadini romagnoli: un western senza revolverate, intitolato “Osciadlamadona”. Una bestemmia: ma, come suono, è più bello di “Rasciamon”.".





Proteggete la conoscenza, condividete questo post, con chi amate preferibilmente, i pulsanti sono in basso, e se lascerete un messaggio farete sapere che anche voi siete passati da qui. L'archivio che state usando funziona come una mappa mentale, partendo dai vostri interessi o anche a caso, d
alla destra del vostro schermo, conoscete voi stessi. Le immagini solitamente non hanno legami coi testi, per scelta. 




Causa venti fortissimi


Fellini non volendo presentarsi a Venezia per la proiezione di un film, inviò a Longardi, direttore dell'ufficio stampa della Metro Goldwyn Mayer, da via Margutta un telegramma fingendosi su uno yacht: "Caro Marietto forti venti allontanano il battello sempre di più da Venezia stop avverti con cautela tutti gli amici ma non mi va proprio di venire stop telegraferò da Pantelleria, tuo Federico". 







Tra le parole e le immagini non ci sono legami in questo archivio, se non fantasiosi e questo ovviamente per scelta: come tra le parole e quasi sempre le cose. 
Funziona invece come una mappa mentale, per andare liberamente dentro il vostro mondo, e nel suo, con l'uso della colonna alla destra del vostro schermo; assaporando un post alla volta, come fossero ciliegie. 
Lasciate un messaggio, per condividere quelle per voi nutrienti, e contribuire a questo lavoro. 





Un'epopea Felliniana

“Felliniana” sono 9 puntate, di un documentario denso di interviste, testimonianze e immagini: curato da Enzo Sallustro, Leopoldo Santovincenzo ed Enrico Salvatori con ricordi di collaboratori ed amici tra cui Moraldo Rossi, Tullio Pinelli, Ettore Scola, Tullio Kezich, Gian Piero Brunetta, Alberto Farassino, Gian Luigi Rondi, Leonardo Sciascia, Giorgio Bassani e Giovanni Grazzini.

Ne trovate notizia qui.



In fondo a questa paginetta ci sta uno spazio vuoto, predisposto come un fumetto, per scrivere voi medesimi qualcosa: se lascerete un messaggio anche voi sarete passati da qui. La mappa che state usando funziona colle libere associazioni, conoscete leggendo, mentre in questa specie di archivio in movimento, le immagini ed i testi non hanno quasi mai relazione. Dove vedete scritto "QUI" si deve cliccare per ascoltare un audio o video.







Laboratorio Number Five





«Il ricordo è già una alterazione della realtà, una visione mediata di ciò che è veramente accaduto. Raccontare episodi, personaggi, incontri, avvenimenti, passioni filtrati dalla memoria significa esprimere qualcosa che, per essere 
in qualche modo fedele alle emozioni e ai sentimenti che ha suscitato, deve necessariamente essere arricchita di suoni, luci, colori, atmosfere, suggestioni, che possono essere ricreati soltanto in quel laboratorio magico, alchemico, demiurgico che per un cineasta è il teatro di posa. Nel Teatro n. 5 di Cinecittà io ho ricreato tutto»


«La luce è ideologia, sentimento, colore, tono, profondità, atmosfera, racconto. 
La luce fa miracoli, aggiunge, cancella, riduce, arricchisce, sfuma, sottolinea, allude, fa diventare credibile e accettabile il fantastico, il sogno e, al contrario, può suggerire trasparenze, vibrazioni, dà miraggio alla realtà più grigia, quotidiana […] il film si scrive con la luce, lo stile si esprime con la luce».






 Infondo al post trovate un piccolo spazio bianco da riempire con un pensiero, un'emozione, se vorrete, e anche tutti gli artifici per condividere la conoscenza, e  in qualche modo essere gentili e proteggere questo lavoro. Grazie. 

Ogni uomo e' stato bambino

«Ero capace di restare intere giornate aggrappato su una finestra molto alta dal pavimento della stanza, pressoché immobile, per potere attirare l'attenzione di chi girava per casa fino al punto che questi dicessero: Ma com'è strano questo ragazzino. Chissà cosa pensa, chissà cosa vede».





Poi abbiamo visto cosa vedeva, come vedeva. Della sua infanzia parla poco e ripetendo spesso le stesse cose, il collegio, la noia, il circo, i fumetti.   Infondo al post trovate un piccolo spazio bianco da riempire con un pensiero, un'emozione, se vorrete, e anche gli artifici per condividere la conoscenza, ed  in qualche modo gentile proteggere questo lavoro. 


Il Far-West ed i galantuomini


Il giornalista Enzo Biagi intervista Federico Fellini, QUI il video.

Un ricordo di una televisione d'altri tempi, meno trucida, e nella quale si parlava italiano.




 



Codesto archivio digitale funziona come una mappa mentale, appoggiandovi come dalla destra dello schermo. Condividete questo post oppure, forse meglio se lascerete un segno del vostro passaggio nei commenti, arricchirete questo lavoro. Le immagini quasi mai sono legate ai testi, per scelta. Ogni volta che trovate la parola "QUI" andate su un sito esterno, per un audio o un video, o qualche volta un iper-testo. 





Adesso, adesso, adesso, adesso

«La necessità di archiviare 
definitivamente nella memoria cose che non sono morte, che non sono più vive, e la scoperta di accettare il presente per quello che è, senza più 
questa compiacenza fantasiosa e molle di certi miti della memoria».

dall'intervista inedita a André Delvaux
trascritta fedelmente nel numero di giugno 2002, 
della rivista di studi felliniani Amarcord, realizzata dalla Fondazione. 

Questo archivio funziona come una mappa mentale, per associazioni libere, cercate da soli: le immagini solitamente non sono legate ai testi, mentre sempre i link esterni restano esterni, per rispetto della cultura digitale, che questo piccolo spazio testimonia; poi lasciate una traccia del vostro passaggio qui, se volete. 







Quel padre nostro


«Mio padre era sempre in viaggio e noi lo vedevamo raramente, sia io che mio fratello. Mi ricordo la mamma in queste lunghe attese, sempre affaccendata in cucina o a chiacchierare con delle piccole, giovanissime donne di servizio che per la maggior parte venivano dalla campagna: non erano neanche delle donne di servizio, erano delle nostre compagne di giochi». 




dall'intervista inedita a André Delvaux, 
trascritta dalla rivista di studi felliniani Amarcord, realizzata dalla ex Fondazione di Rimini. 
Tra le parole e le immagini non ci sono legami in questo archivio, se non forse fantasiosi, e per scelta, come accade tra le parole e le cose. Funziona come una mappa mentale, appoggiandovi alle suggestioni contenute nella colonna alla destra del vostro schermo, cercando voi stessi. Lasciate un messaggio per farci sapere che siete passati da qui anche voi.

Il film sui bambini







Sono stato in collegio, a Fano. Era un edificio enorme - racconta - con grandi corridoi bui, senza luce elettrica, oppure c'era una lampadina ogni tanto: probabilmente essere rimasto intere nottate sveglio in questi enormi camerini veramente funebri, così, ascoltando il 
fruscio di una tonaca di qualche sorvegliante. 


Ho in testa di fare una storia proprio sui bambini, una volta o l'altra. Quando farò questa storia di bambini, questo collegio credo avrà una parte particolarmente importante.

«Poi ho fatto gli studi a Rimini, ho fatto il ginnasio, ho fatto il liceo. Naturalmente non ero uno studente così esemplare, e quel periodo di vita è abbastanza simile a quello che ho raccontato ne I vitelloni, con queste passeggiate, l'attesa dell'estate, l'inverno. Perché in Italia, la provincia, durante l'inverno non è soltanto così disperata e vuota e immobile come sembra, è un'immobilità sotto la quale cresce qualcosa, cioè fermenta qualche cosa. 

In definitva, credo moltissimo agli artisti che vengono dalla provincia, perché la loro formazione culturale si svolge veramente sotto il segno della fantasia, cioè sotto il segno di qualche cosa che, costretta dal torpore e dall'immobilità, si sviluppa per una via fantastica che è la ricchezza più grossa che un artista può desiderare».


Ed oggi, che i bambini non si annoiano piu', che vanno sempre in giro, che hanno gli occhi saturi di immagini confezionate come merendine? Oggi c'e' da aver paura per l'arte ma anche per l'umano. 






Il brano sopra pubblicato e' stato dall'intervista inedita a André Delvaux,  trascritta dalla rivista di studi felliniani Amarcord, realizzata dalla Fondazione. Mentre la fotografie sono di Amarcord e Giulietta degli SPIRITI, dove alla fine l'infanzia la salva. Questo film non lo fece mai. Ma ci penso'. Ricordo conversazioni, e si capiva che voleva capire, da dove venivi tu, bambina, gnoma, nana, muta, con tutta quella intelligenza, quella luce, quel sapere: son quasi certa che parte delle domande del mistero siano  nate dall'arte.Scrisse di questo, che era il film impossibile da fare, perche' i bambini appunto guardano, tacciono, e in quegli sguardi c'e' tutto un mondo, ma e' impossibile, non si puo' fare, diceva. 


QUALCHE DETTAGLIO PRATICO PER ANDARE AVANTI O PERDERVI CON GIOIA: 

Vedrete che ho trascurato quasi interamente pettegolezzi, e letture agiografiche e tutta quella narrativa marketing o delle fazioni della battaglia politica, a meno che non potesse essere utile a fare un ritratto dell'epoca, inoltre ho dato molto spazio alle cose minori, silenziose, come ad esempio Nino Rota, senza la cui presenza l'arte di Fellini non sarebbe universalmente nota e riconoscibile, per il suo suono,  come e'. 
Dove ho potuto ho citato la fonte. Le immagini non sono mai o quasi mai legate ai testi, per motivi di stile e per le stesse ragioni invece quando uscite dal sito dovete ritornarvi da voi. Qualche volta i brani sono in in lingua originale, soprattuto documenti e recensioni, e lo indico sempre. Le pochissime cose oltre a questa che ho scritto io medesima, e non sono pensieri di Fellini, o di interesse sulla sua storia nella storia culturale del paese o sulla sua poetica, di solito di altri artisti o suo cari amici, viene indicato anche nelle tag, come "la nana di fellini". 

Su Twitter, Pinterest e Facebook nel tempo, per motivi diversi, ho creato delle piccole vetrine, in inglese anche,  di questo progetto, che spero possa scuotere soprattutto il mondo della cultura e delle arti, e ispirarci. Siate gentili. 



Qui un marcetta "di Carlotta", composta pare, dal vero Maestro Rota. Cose bellissime. Grande gratitudine ai maestri e le maestre. Love. 





La burla


«Una volta, per commuovere, avrò avuto cinque o sei anni, ho pensato di fingere un suicidio. Ho preso l'inchiostro rosso, mi sono sporcato tutta la fronte e tutte le mani e poi, siccome la nostra casa al secondo piano aveva una scala interna che andava a pianterreno, mi sono sdraiato in terra e ho aspettato che qualcuno si affacciasse, mia madre o mio padre, e immaginavo la scena che avrebbero visto... sono rimasto lì un quarto d'ora, il pavimento gelato, e poi cominciava a prendermi una strana paura, che forse potevo morire sul serio, e poi mi prendeva anche la paura che mia madre, vedendomi dall'alto così spezzato, così morto, potesse impazzire. Però continuavo ad aspettare, perché era talmente intenso il piacere, la voluttà di gustare il dolore degli altri per me, che ho resistito per tre quarti d'ora, immobile così, tremando dal freddo, ma non è venuto nessuno. 
A un certo momento è venuto mio zio, invece, che ha aperto il portone: vai a lavarti la faccia, buffone. E allora ho sentito un odio profondo per quest'uomo, che con questa frase mandava all'aria tutta una recita». 



brano tratto dall'intervista inedita c
on André Delvaux. 
Questo archivio funziona come una mappa mentale, per associazioni libere, cercate da soli: le immagini solitamente non sono legate ai testi, mentre sempre i link esterni restano esterni, per rispetto della cultura digitale, che questo piccolo spazio testimonia; poi lasciate una traccia del vostro passaggio qui, se volete. 




Il frastuono che amavo





“Debbo fare una confessione imbarazzante”, amava dire Fellini: “Io sul circo non so niente; mi sento l’ultimo al mondo a poterne parlare con conoscenza di storia, di fatti, di notizie. E, d’altra parte, perché no? Anche se non so niente, io so tutto del circo, dei suoi ripostigli, delle luci, degli odori e anche degli aspetti della sua vita più segreta. Lo so, l’ho sempre saputo. Fin dalla prima volta si è manifestata subito una totale adesione a quel frastuono, a quelle musiche assordanti, a quelle apparizioni inquietanti, a quelle minacce di morte”.



(Ora, questo piccolo archivio digitale funziona come una mappa mentale, usando le libere associazioni, nella colonnina alla destra dello schermo. Per questo anche sapere che siete passati da qui, condividendo un post o lasciando nello spazio bianco infondo a questa paginetta, un commento, arricchisce questo lavoro).






Vagabondi! Con il punto esclamativo





I vitelloni non voleva distribuirlo nessuno, andammo in giro a mendicare un noleggio come dei disperati. Mi ricordo certe proiezioni allucinanti. I presenti, alla fine, mi lanciavano occhiate di traverso e stringevano dolenti la mano al produttore Pegoraro in un’atmosfera di alluvione del Polesine. 

I nomi non me li ricordo e se mi li ricordo è meglio non farli. Mi ricordo una proiezione alle due del pomeriggio, d’estate, per il presidente di una grossa societa'. 
Venne con passo elastico, bruno, abbronzato sotto la lampada al quarzo, con la catenella d’oro al braccio, il tipo del venditore d’automobili, quello che piace alle donne. [...] Non lo presero. Finì a un’altra distribuzione che non voleva il titolo I vitelloni. Ci consigliavano un altro titolo: Vagabondi! Con il punto esclamativo. Dissi che andava benissimo, però suggerivo di rafforzare l’invettiva con un vocione da orco che sulla colonna sonora tuonasse Vagabondi!.

Accettarono il titolo soltanto quando Pegoraro gli diede altri due film che loro consideravano sicuramente commerciali. Ma sui primi manifesti e le prime copie non vollero il nome di Alberto Sordi: fa scappare la gente, dicevano, è antipatico, il pubblico non lo sopporta”. 



Federico Fellini, Fare un film, Einaudi, Torino, 1980, p. 53-54. Nelle foto il provino di Sordi per Casanova, la locandina de I Vitelloni, una scena dal film. Ora, questo piccolo archivio digitale funziona come una mappa mentale, usando le libere associazioni, nella colonnina alla destra dello schermo (ad esempio: insuccesso, critica, esordio, sordi). Per questo anche sapere che siete passati da qui, condividendo un post o lasciando nello spazio bianco infondo a questa paginetta, un vostro sentimento, arricchisce questo lavoro.















Da dove vengono?


"La notte e la solitudine delle strade vuote, che si vedono in certe inquadrature de I vitelloni, La strada, Il Bidone costituiscono l'atmosfera piu' adatta per far muovere questi personaggi. 

In quelle inquadrature c'e' forse anche il ricordo di certe mie peregrinazioni notturne nei miei primi tempi a Roma, dopo il mio arrivo da Rimini, quando mi capitava spesso di girovagare senza meta, anche di notte, per le vie del centro. 
Non avevo un'occupazione precisa e nemmeno la piu' pallida idea di quello che avrei fatto in seguito.  E' possibile che l'immagine della città notturna deserta e solitaria mi sia rimasta dentro fin d'allora".




FF, dal libro "Film 1961": Fellini era un'angosciato, un curioso, e un vagabondo, finiti i film amava cercare storie, facce, farsi raccontare, vedere, girava anche in taxi, spesso con la sua assistente Lilliana Betti, con un amico poliziotto, in un misto di insaziabile curiosita' umana, professionale, e centripeta e totalizzante, inoltre finiti i film cadeva in un vuoto, come dice spesso in questi vari brani e interviste, sebbene siano accenni, in parte depressivo. Qui si riferisce agli anni da ragazzo. Il libro citato  e' di V. Spinazzola, l'editore Feltrinelli.  



QUALCHE DETTAGLIO PRATICO: nella colonna alla vostra destra trovate un mappa cognitiva, per cercare tra video, brani, aforismi, documenti, che ho trascritto;  anche se molti conoscono Fellini come il mago delle immagini, aveva "una testa cosi", per usare l'espressione del suo primo attore ed amico Alberto Sordi. 

Vedrete che ho trascurato quasi pettegolezzi, e letture agiografiche e quella narrativa marketing o delle fazioni della battaglia politica, a meno che non potesse essere utile a fare un ritratto dell'epoca, inoltre ho dato spazio alle cose minori, silenziose, come ad esempio Nino Rota, senza la cui presenza l'arte di Fellini non sarebbe universalmente nota e riconoscibile, per il suo suono,  come e'. 
Dove ho potuto ho citato la fonte. Le immagini non sono mai o quasi mai legate ai testi, per motivi di stile e per le stesse ragioni invece quando uscite dal sito dovete rientrarvi da voi. 
Se i brani sono in in lingua originale, soprattuto documenti e recensioni, e lo indico. Le rare cose oltre a questa che ho scritto di mio pugno, e non sono dunque pensieri di Fellini, o di massimo interesse della sua storia nella storia culturale del paese o sulla sua poetica, e di solito sono altri artisti o cari amici, lo indicato nelle tag, come "la nana di fellini". 

Su Twitter, Pinterest e Facebook nel tempo ho curato delle piccole vetrine, in inglese, spagnolo e giapponese,  di questo progetto, che un poco spero possa toccarvi, scuotervi, ed ispirarci.  E che vi faccia venire voglia di dormire per un mese!


Qui un marcetta "di Carlotta", composta pare, dal vero Maestro Rota.