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Si diverte il Burattinaio?






“Non ho mai avuto problemi con gli attori…. Amo gli attori. Adoro il loro aspetto bambinesco… tra loro e me è una collaborazione. Le marionette sono contenti di essere marionette se il burattinaio è uno che sa fare il burattinaio”.

Fellini amava i burattini, tanto che sua madre disse: “fine dalla nascita di questo figliolo aveva una predisposizione per i burattini. Era molto appassionato per fare il teatro per i suoi compagni. Allora io le compravo le teste e lui faceva i suoi vestitini, le confezionava come un sarto, a queste teste di burattini. E poi dopo io li avevo comperato un teatro e come avevamo un grande terrazzo, da lì, faceva il burattinaio per i compagni, di scuola, compagni di giochi e li faceva pagare un soldo per uno”.

Fellini filmo' i burattini in una brevissima scena del “ I Clown”. 




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Osciadlamadona

"A Gambettola, nell’entroterra romagnolo, ci andavo d’estate. Mia nonna teneva sempre un giunco nelle mani, col quale faceva fare agli uomini certi salti da cartone animato. Insomma, faceva filare gli uomini presi a giornata per lavorare il campo. La mattina si sentivano risatacce e un gran brusìo. Poi, davanti a lei che appariva, quegli uomini violenti assumevano un atteggiamento di rispetto, come in chiesa. La nonna, allora, distribuiva il caffelatte e si informava di tutto. Voleva sentire il fiato di Gnichéla, per scoprire se aveva bevuto la grappa: e questi rideva, dava gomitate al vicino, per il pudore, diventava un bambino.
Mia nonna era come le altre donne romagnole. Una di queste, tutte le sere, andava all’osteria a prendere il marito ubriaco e lo caricava sopra una carriola per condurlo a casa (NDR scena vista nel film I clowns). Lui si chiamava Ciapalòs, che non è un nome greco, ma vuol dire “Prendi l’osso”. Una sera, l’uomo se ne stava con le gambe penzoloni fuori dalla carriola trascinata dalla moglie, in uno stato di beata mortificazione, dopo aver sopportato il dileggio generale. Quella sera, io incontrai gli occhi dell’uomo, sotto il cappellaccio. (…)
Un giorno mi piacerebbe fare un film sui contadini romagnoli: un western senza revolverate, intitolato “Osciadlamadona”. Una bestemmia: ma, come suono, è più bello di “Rasciamon”.".





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Sono pazzo di quel pazzo



“Carlo Emilio Gadda è un clown  augusto inesauribile, un gigante  entusiasmante, un pazzo favoloso,  un grande acrobata che ti cucina a 
dovere con le sue pagine da applauso”.



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Il mattatoio mi da' pace


Chi e' felice non lo sa.
Non c'e' consapevolezza di uno stato come la felicita'.

Appena realizzi che sei felice gia' non lo sei piu' {...} Il successo e' necessario per continuare, per mantenere la fiducia. Il lavoro ...  essendo il mio e' gia' metterci qualcosa di obbligato che invece non ha affatto {...}

Ho sempre avuto una tendenza a intrattenere gli altri. I clown ed il circo mi sono apparsi, come un'anticipazione, di come sarebbe stata poi la mia vita, tra la processione blasfema ed il mattatoio, l'apparizione di questi mostri dell'umano oltre che inquietarmi anche mi davano familiarità' {...}.




La burla


«Una volta, per commuovere, avrò avuto cinque o sei anni, ho pensato di fingere un suicidio. Ho preso l'inchiostro rosso, mi sono sporcato tutta la fronte e tutte le mani e poi, siccome la nostra casa al secondo piano aveva una scala interna che andava a pianterreno, mi sono sdraiato in terra e ho aspettato che qualcuno si affacciasse, mia madre o mio padre, e immaginavo la scena che avrebbero visto... sono rimasto lì un quarto d'ora, il pavimento gelato, e poi cominciava a prendermi una strana paura, che forse potevo morire sul serio, e poi mi prendeva anche la paura che mia madre, vedendomi dall'alto così spezzato, così morto, potesse impazzire. Però continuavo ad aspettare, perché era talmente intenso il piacere, la voluttà di gustare il dolore degli altri per me, che ho resistito per tre quarti d'ora, immobile così, tremando dal freddo, ma non è venuto nessuno. 
A un certo momento è venuto mio zio, invece, che ha aperto il portone: vai a lavarti la faccia, buffone. E allora ho sentito un odio profondo per quest'uomo, che con questa frase mandava all'aria tutta una recita». 



brano tratto dall'intervista inedita c
on André Delvaux. 
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Does a vocation exist without desire?


When I saw the equestrian circus for the first time as a child, I felt the same emotion that I think a child who wants to become a priest can feel in the moment of soul elevation. I saw a kind of annunciation. The clowns seemed to me, the first time that I saw them, the ambassadors of a life I could not refuse. When they came to meet me with their sneers, with their masks, with that fracasone noisy and scary.

it seemed to me that they were referring unequivocally to something that was waiting for me. It was like Saint Paul in Damascus; I at the equestrian circus had the revelation of my life, of my work. How it was then."

Image by Carlotta Mismetti Capua, from Amarcord. 







 

Il frastuono che amavo





“Debbo fare una confessione imbarazzante”, amava dire Fellini: “Io sul circo non so niente; mi sento l’ultimo al mondo a poterne parlare con conoscenza di storia, di fatti, di notizie. E, d’altra parte, perché no? Anche se non so niente, io so tutto del circo, dei suoi ripostigli, delle luci, degli odori e anche degli aspetti della sua vita più segreta. Lo so, l’ho sempre saputo. Fin dalla prima volta si è manifestata subito una totale adesione a quel frastuono, a quelle musiche assordanti, a quelle apparizioni inquietanti, a quelle minacce di morte”.



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L'angelo ed il bambino



“Quando dico: ‘il clown’, penso all’augusto. Le due figure sono, infatti, il clown bianco e l’augusto. Il primo è l’eleganza, la grazia, l’armonia, l’intelligenza, la lucidità, che si propongono moralisticamente come le situazioni ideali, le uniche, le divinità indiscutibili. Ecco quindi che appare subito l’aspetto negativo della faccenda: perché il clown bianco, in questo modo diventa la Mamma, il Papà, il Maestro, l’Artista, il Bello, insomma ‘quello che si deve fare’. 
Allora l’augusto, che subirebbe il fascino di queste perfezioni se non fossero ostentate con tanto rigore, si rivolta. Egli vede che le ‘paillettes’ sono splendenti; però la spocchia con cui esse si propongono le rende irraggiungibili. 

L’augusto, che è il bambino che  si caca sotto, si ribella a una simile perfezione;  si ubriaca,  si rotola per terra e anima,  perciò, una contestazione perpetua.Questa è, dunque, la lotta tra il culto superbo della ragione (che giunge a un estetismo proposto con prepotenza) e l’istinto, la libertà dell’istinto. Il clown bianco e l’augusto sono la maestra e il bambino, la madre e il figlio monello; si potrebbe dire, infine: l’angelo con la spada fiammeggiante e il peccatore”. 




[...] E’ un augusto che voleva essere un clown bianco. Meglio: è un Monsieur Loyal, il direttore del circo, che cerca di conciliare le due tendenze sopra un terreno obiettivo, imparziale. Picasso? Un trionfale augusto, spavaldo, senza complessi, sa fare tutto: alla fine è lui che la vince col clown bianco. Einstein: un augusto sognante, incantato, non parla mai, ma all’ultimo momento candidamente tira fuori dalla saccoccia la risoluzione dell’inghippo proposto dal furbo clown bianco. Visconti un clown bianco di grande autorità. Hitler: un clown bianco. Mussolini: un augusto. Freud è un bianco, Jung un augusto ....


Come aveva ammesso lui stesso nelle confessioni autobiografiche del libro Fare un film (Einaudi 1974), “il lavoro è, per me, un fatto di vita completo. Non riesco a compierlo in maniera distaccata, professionale. […] Il mio schema selettivo mi porta ad essere, […] l’anti-giornalista, l’anti-testimone”. 


E infatti “il cinema, voglio dire fare del cinema, vivere con una troupe che sta realizzando un film, non è come la vita del circo”?
La risposta è nella scena finale del film: il funerale del clown si trasforma tutto ad un tratto in altro. (i cavalli sono finti, il morto è finto, finta la disperazione).


Federico Fellini, Fare un film, Einaudi, Torino, 1980, p. 117. Ritratto di Giulietta, bambini al mare dal film Giulietta degli Spiriti. 
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Guru coi lustrini o il naso rosso


Un uomo che parla agli altri deve avere la tonaca del profeta, e in testa il cilindro coi lustrini del pagliaccio. 


Ecco Bergman ha tutti e due.



Le animelle asessuate







Gelsomina e Cabiria, 
nei miei film, sono due augusti. 
Non sono femmine, sono asessuati. Sono Fortunello, il personaggio del Corriere dei Piccoli. 











Una cosa senza importanza ed una importantissima





Ho fatto il CLOWN con spensieratezza, con baldanza, che fosse per la Tv per un uomo di cinema é una cosa che non ha molta importanza [...] 

Per me invece che trascrivo ce l'ha. E' il film su cui ha detto piu' bugie, lo chiamava un filmino, poi diceva che non sapeva nulla del circo, poi diceva che voleva scapparci, che non ci era andato mai, che invece era stata una folgorazione, che Augusto e gli altri (mascherati) sono la (sua) chiave di lettura del mondo. 

Mi sta a cuore, anche, per un fatto personale. Che mi ha messo dentro, piccola piccola, e truccata anche io, girando una scena, mai piu' trovata, ma non ero vestita e truccata da circense.  Chi mi potesse aiutare a trovarla avrebbe davvero la mia riconoscenza eterna.

La definizione in cima e' tratta da Felliniana - Capitolo 8 (9), di Rai Sat Cinema, parlando de I Clown.




Quell'esperimento chiamato TV



"Questo occhio grigiastro spalancato sulla casa, l'occhio di un animale extraterrestre, mi ha sempre affascinato. Un giorno ho voluto provare e allora ho realizzato Block-notes per la tv americana e I clowns per la Rai". 

"Vidi la possibilità di un'esperienza nuova, ma giudico questa esperienza televisiva un errore, deludente e singolarmente mediocre: da una parte la televisione ti preclude di fare del cinema o perlomeno ne riduce notevolmente le possibilità sia espressive sia produttive di organizzazione; dall'altra ti si offre come un mezzo dai connotati e dalle finalità indistinti, esitanti, imprecisi, per cui l'esperimento non ha neanche la seduzione e l'interesse della novità, di una qualsiasi ricerca (...).


Aveva ragione Rossellini quando diceva che la tv ha una funzione didascalica. Ma per chi come me crede nell'espressione e non nell'informazione, la televisione pare che abbia limiti troppo imprigionati".



Fellini: La Tv è un animale extraterrestre, ne Il Resto del Carlino del 30 marzo 1978. La storia del rapporto tra un grande cineasta, nato nel 1920, e la televisione commerciale, torna molte volte e ancora ci riguarda. Celebre fu la sua battaglia contro gli spot dentro i film.  Tra le tag di questo piccolo archivio, pensato come una mappa mentale, e una brevissima storia dell'arte in Italia e del lavoro del poeta, trovate cercando: televisione, berlusconi, ginger e fred, educazione. Se lascerete un commento sotto, nello spazio vuoto predisposto, avrete arricchito questo lavoro.