Vittorio De Seta, importante nome del cinema italiano, era già da tempo
legato alla consuetudine dei “colloqui psicologici” con Ernst Bernhard quando
decise di consegnare il numero telefonico dell’analista all’amico e collega
Federico Fellini.
I due registi si incontrarono in un momento difficile per Fellini, dovuto ad un
impasse creativo e ad alcune particolari esperienze di tipo extrasensoriale che
riteneva di aver vissuto.
Lo stesso Fellini ha raccontato ad Aldo Carotenuto, che
ha riportato la conversazione mantenendone l’alone fiabesco e misterioso caro
all’artista romagnolo, di come avvenne l’incontro con Bernhard.
Sollecitato da De Seta a contattare il medico berlinese, Fellini lasciò il
numero, annotato su un biglietto, nella tasca di una giacca, rimandando la
telefonata. Ma un giorno, ritrovatolo, decise di comporre il numero: egli era però
convinto che fosse il recapito di qualche donna frequentata tempi addietro, e non
avendone scritto il nome, decise di esordire con un : “Pronto, è Maria?”. Rispose
l’accento tedesco di una voce maschile, che dichiarò: “No, sono il dottor
Bernhard”. Dopo un rapido scambio di battute i due si diedero un appuntamento
per conoscersi; è il 1960.
Un inizio di rapporto, forse un po’ romanzato, ma che ben si addice a questi
due poco ordinari personaggi.
Il rapporto non è analitico in senso stretto, ma molto libero, nello stile
bernhardiano, e consta di colloqui di tipo psicologico, lavoro sui sogni,
conversazioni; talora i due proseguono le “sedute” nella pizzeria sotto casa di
Bernhard.
Egli diviene in breve tempo un punto di riferimento per il grande
regista, che legge voracemente Jung, apprende la consultazione dell’I Ching, ed
inizia soprattutto ad annotare quotidianamente i propri sogni, dando vita al
96
cosiddetto libro dei sogni (composto di quattro volumi scritti a mano), di cui
sono stati pubblicati solo alcuni stralci e che giace in una cassaforte, non ancora
consultabile per motivi notarili, presso la Fondazione Fellini. L’artista inoltre
spesso dipingeva le proprie immagini oniriche, a volte illustrandole a mo’ di
fumetto.
Fellini è assai reticente nel parlare di Bernhard anche con gli amici, mantiene
piuttosto segreti i suoi incontri con lui, per proteggere un legame che sente
importante ed intimo: “quando è l’ora di andare in via Gregoriana sparisce e
basta”. Bernhard aiuta Fellini non solo nell’indagare il mondo onirico, che
diverrà di assoluta importanza per la sua successiva attività creativa, ma anche
per placare certi stati d’ansia dovuti alle esperienze “extrasensoriali” del regista,
e le fantasie che a volte eccedendo, lo spaventano, riconducendo le frontiere delle
percezioni al loro aspetto psicologico; proprio in questi anni, fra l’altro, si
collocano le esperienze felliniane con una “spiritista” romana ed il suo
esperimento con l’Lsd.
Il bagaglio degli incontri con Bernhard si fa prezioso per i film di Fellini, e ciò
è facilmente intuibile in 8 e ½ e Giulietta degli spiriti oltre che nel successivo
Satyricon ; ma in generale viene inaugurata una nuova stagione del cinema
felliniano, in cui l’ inconscio fa la sua entrata in scena nel mondo di celluloide.
Non a caso Fellini, in ripetute interviste, si dichiarò fortunato nell’aver incontrato
l’opera junghiana, che lo stimolò nella vita e nell’arte.116
115 Kezich, T., 1987.
116 Fellini F., in Grazzini, G., 1983: “La lettura di qualche libro di Jung, la scoperta della sua
visione della vita, ha avuto per me un carattere di gioiosa rivelazione, una entusiasmante,
inattesa, straordinaria conferma di qualcosa che mi sembrava di avere in piccola parte
immaginato. Devo questa provvidenziale, stimolante, affascinante incontro a una
psicoterapeuta tedesco, il professor Bernhard.”
Lo stesso vale per Vittorio De Seta e per il suo film Un uomo a metà apparso
sugli schermi nel 1966, un anno dopo la scomparsa di Bernhard; la pellicola si
apre con una frase, che anticipa sintetizzandole le vicende narrate:
“Non nascondere le tue piaghe agli occhi tuoi e degli altri poiché verranno a
cancrena e sarà la morte, esponile piuttosto alla luce del sole e sarà la salute”.
Subito dopo le prime inquadrature, fatto inusuale per il cinema di quegli anni,
appare una dedica: ad Ernst Bernhard.
Il film di De Seta, narrando la storia del giovane Michele, ripercorre e
ripropone alcuni temi cari a Bernhard e a Jung, concentrandosi sul percorso
evolutivo e trasformativo del protagonista. E si conclude con una citazione di
Jung: “Ciò che prima dava origine a feroci conflitti e a paurose tempeste
affettive, appare ora come una tempesta nella valle, vista dalla cima di un’altra
montagna. Non per questo la tempesta è meno reale, ma si è sopra, non dentro di
essa”, frase che allude al superamento della prova, ma che cozza con l’immagine
del protagonista che nel finale è ancora avvolto nelle sue tenebre interiori,
espressione probabilmente del lutto del regista per Bernhard.
Nello stesso periodo anche Fellini lavora ad un progetto mai portato a
termine, Il viaggio di G. Mastorna, lavoro che muove dalla perdita di Bernhard,
fatto che aprirà un periodo emotivamente duro, in concomitanza alle fredde
reazioni nei confronti delle ultime produzioni cinematografiche. Ne Il viaggio di
G. Mastorna, copione illustrato, scritto nell’estate del 1965, si trova una sorta di
tentativo di dare voce artistica ad una frase di Bernhard degli ultimi periodi di
vita, cara a Fellini: “patire la morte in piena coscienza”. Il progetto non vedrà
mai la luce, per le alterne vicende di Fellini e produttori: solo anni dopo, e a
seguito di molte insistenze, il fumettista Milo Manara convincerà Federico a
trasporre il lavoro in forma di fumetto, così come del resto era nato.
Concludendo, le riservate ed intime parole di Fellini su Bernhard: “Per quanto mi riguarda, anche se il mio rapporto con lui ha dato luogo ad una
specie di fecondazione che è ancora attiva, la sua morte è stata comunque
un’interruzione, perché era il maestro, quello che mi aspettava a certi traguardi, a
certe tappe. Ora il suo ricordo mi accompagna. Ma comunque è sempre una
mancanza. Sì, non posso che dire questo, è una mancanza”
Forse anche per far fronte a quest’assenza, Fellini seguiterà a mantenere e a
creare nuovi rapporti, sia personali che professionali, con gli allievi di Bernhard,
come Trevi e Draghi, e visitando la casa di Jung a Bollingen, luogo privato cui
riuscirà ad accedere per la sua notorietà, sarà accompagnato da Pignatelli e
Carotenuto.
TESI DI LAUREA ERNST BERNHARD (1896-1965): Un “maestro scomodo” della psicologia del profondo di Mario Ganz Matricola N°433491 /PS
Grazie della condivisione.
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