Una strada ambiziosa




Credo che pochi film come La strada abbiano chiesto tanta pazienza e tanta fede ai loro autori. Io che conoscevo il soggetto di Fellini e Pinelli sin dalle sue prime incerte formulazioni del 1951 e che nel novembre del ’53 sono stato infine chiamato a collaborare alla sceneggiatura, mi sono visto costretto a sostenere la parte dell’avvocato del diavolo. Per tre mesi ho parlato male de La strada: questa, in fondo, la mia partecipazione. Ho denunciato certe sue fumose atmosfere, certe leziosaggini dei suoi personaggi, ho insistito affinché la favola, troppo bella, toccasse terra e le simbologie si sciogliessero nel racconto. 
Con Fellini e Pinelli ho percorso molte strade del Lazio, visitando piccoli circhi equestri, parlando con artisti girovaghi – e quali incontri inaspettati! – appuntando caratteri, farse, imbonimenti, battute e precisando i tipi secondari, sempre più convincendoci che il film era nella strada e che là, appunto, bisognava cercarlo. 
Il merito de La strada va ai suoi autori, Fellini e Pinelli. Maggiormente, inutile dirlo, va a Fellini che si è trovato poi solo, dopo la lotta della sceneggiatura, a dover domare gli elementi, i personaggi, le intenzioni del racconto per farne un film e soprattutto a cercare un equilibrio tra il mondo vero della strada e il mondo poetico delle sue ipotesi. Non deve essere stata una fatica semplice realizzare un progetto che avrebbe potuto, sotto altra mano, rivelarsi soltanto ambizioso.



Flaiano, "Ho parlato male de “La strada”, «Cinema» 10 agosto 1954. Funziona in questo modo, come fosse una mappa mentale, questo archivio, dunque seguite il flusso. Sono temi ricorrenti, e fatti della mente e della psiche. Infondo alla paginase lascerete un messaggio, farete sapere anche voi che siete passati da qui. C'e' anche uno spazio vuoto per i vostri commenti 

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