“Quando dico: ‘il clown’, penso all’augusto. Le due figure sono, infatti, il clown bianco e l’augusto. Il primo è l’eleganza, la grazia, l’armonia, l’intelligenza, la lucidità, che si propongono moralisticamente come le situazioni ideali, le uniche, le divinità indiscutibili. Ecco quindi che appare subito l’aspetto negativo della faccenda: perché il clown bianco, in questo modo diventa la Mamma, il Papà, il Maestro, l’Artista, il Bello, insomma ‘quello che si deve fare’.
Allora l’augusto, che subirebbe il fascino di queste perfezioni se non fossero ostentate con tanto rigore, si rivolta. Egli vede che le ‘paillettes’ sono splendenti; però la spocchia con cui esse si propongono le rende irraggiungibili.
L’augusto, che è il bambino che si caca sotto, si ribella a una simile perfezione; si ubriaca, si rotola per terra e anima, perciò, una contestazione perpetua.Questa è, dunque, la lotta tra il culto superbo della ragione (che giunge a un estetismo proposto con prepotenza) e l’istinto, la libertà dell’istinto. Il clown bianco e l’augusto sono la maestra e il bambino, la madre e il figlio monello; si potrebbe dire, infine: l’angelo con la spada fiammeggiante e il peccatore”.
[...] E’ un augusto che voleva essere un clown bianco. Meglio: è un Monsieur Loyal, il direttore del circo, che cerca di conciliare le due tendenze sopra un terreno obiettivo, imparziale. Picasso? Un trionfale augusto, spavaldo, senza complessi, sa fare tutto: alla fine è lui che la vince col clown bianco. Einstein: un augusto sognante, incantato, non parla mai, ma all’ultimo momento candidamente tira fuori dalla saccoccia la risoluzione dell’inghippo proposto dal furbo clown bianco. Visconti un clown bianco di grande autorità. Hitler: un clown bianco. Mussolini: un augusto. Freud è un bianco, Jung un augusto ....
Come aveva ammesso lui stesso nelle confessioni autobiografiche del libro Fare un film (Einaudi 1974), “il lavoro è, per me, un fatto di vita completo. Non riesco a compierlo in maniera distaccata, professionale. […] Il mio schema selettivo mi porta ad essere, […] l’anti-giornalista, l’anti-testimone”.
E infatti “il cinema, voglio dire fare del cinema, vivere con una troupe che sta realizzando un film, non è come la vita del circo”?
La risposta è nella scena finale del film: il funerale del clown si trasforma tutto ad un tratto in altro. (i cavalli sono finti, il morto è finto, finta la disperazione).
Federico Fellini, Fare un film, Einaudi, Torino, 1980, p. 117. Ritratto di Giulietta, bambini al mare dal film Giulietta degli Spiriti.
Proteggete la conoscenza, condividete questo post con chi amate, oppure lasciate infondo alla paginetta un messaggio per far sapere che siete transitati da qui. L'archivio funziona come una mappa, navigate dentro voi stessi. La relazione tra testo e immagine qui nei post non esiste, fa da unico stile il caso.
Proteggete la conoscenza, condividete questo post con chi amate, oppure lasciate infondo alla paginetta un messaggio per far sapere che siete transitati da qui. L'archivio funziona come una mappa, navigate dentro voi stessi. La relazione tra testo e immagine qui nei post non esiste, fa da unico stile il caso.
Nessun commento:
Posta un commento
This is for you, reader: