Ho qui trascritto per 7 anni quello che Federico Fellini (5 Premi Oscar) ha detto, inventato o lasciato dire di sé: ma poco di cinema, molto sul mistero dell'arte e quello umano. Cercate voi stessi, come rabdomanti, e le cose che vi servono amatele. Non amava monumenti e pescecagnacci, ma bambini e donne. Per donare: carlotta.mc@gmail.com. Chi sono: https://about.me/carlotta.mc
La macchina da scrivere
Federico Fellini – il 14 novembre 1942 – scrisse per il Marc'Aurelio un racconto nel quale raccontava il suo primo volo in aeroplano: «….Volavo, ero in cielo, e le case, le strade, gli amici, la macchina da scrivere, il giornale, voi tutti restavate piccini e dimenticati su questa cosa rotonda che si chiama terra». Mi ricordo da ragazzo, l'arciprete, che diceva ve lo faccio vedere io che ci faccio con questo giornale, ecco cosa ci faccio, e ne fece una palla e gli diede fuoco, e lo getto' in mezzo ai banchi tra i fedeli. Questo luogo si aggiungeva, sognati, come il Colosseo, il Club Apollo, l'Altare della Patria e il Marco Aurelio" ricorda, con distacco divertito.
Giornale umoristico che esisteva prima della guerra e duro' fin dopo alla guerra, e aveva una funzione di commento settimanale ai fatti del giorno, dal punto di vista comico, satirico, e di critica a destra e a sinistra. La rivista andò avanti dal 1931 fino al 1943, anno in cui cessarono le pubblicazioni. Se ne intravede la storia, e la ragione di certi legami di amicizia ed artistici, nell'ultimo filmino di Ettore Scola "Che strano chiamarsi Federico". Meno che 20enne Fellini divenne abbastanza celebre con le “Storielle di Federico”, che venivano raccontate in varie sequenze da lui illustrate, per la rivista, a viale Regina Elena, a Roma, dove conobbe il favoloso Giggione e Steno e Geleng e tanti altri, ma soprattutto forse conobbe il fascismo attraverso il sistema governativo della censura, e la fronda che gli resisteva creativamente dell'epoca (Gabriele Galantara, Furio Scarpelli, Age, Gioacchino Colizzi detto Attalo, Vittorio Metz, Marcello Marchesi, Steno, Giovanni Mosca, Mario Bava, Ettore Scola, Walter Faccini, Cesare Zavattini). Dopo la Liberazione ci furono diversi tentativi di riesumare il Marc’Aurelio, poi nel 1955 l’editore Corrado Tedeschi lo trasferì a Firenze dove ebbe ancora una vita, fino al 1958. Qui qualche ricordo di Geleng, Scola, Fellini e il commento di uno storico, sull'umorismo che accadde in quel luogo, e il resto. Qui invece la puntata della Tv pubblica che ne racconta pedagogicamente la storia.
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