
"Ma ti sembra davvero che fino ad ora io mi sia soltanto divertito a raccontare favole o a scaricare sugli altri i miei complessi e le mie emozioni? La strada, Le notti di Cabiria erano solo storie patetiche di anime impaurite dalla vita o non potevano piuttosto essere immagini emblematiche dello sfruttamento della miseria? E i ruffiani che sguazzano dappertutto in quei film non erano anche espressioni di una società che continua a creare sbandati? Il bidone con tutte le sue tresche non diceva proprio nulla della mafia morale che caratterizza il costume pubblico e privato del nostro paese? E La dolce vita e Amarcord non denunciavano le spavalderie politiche, economiche e religiose di allora e di oggi, la sorte sgraziata di una società che paurosamente impoverita in se stessa era costretta a bruciare i suoi istinti solo al calore delle illusioni, mai per crescita spontanea e mai al di là del sogno e della paura?" [...]
Il vento e il carillon sono i segnali sonori nel missaggio dei ricordi. Una memoria filmica che non è nostalgica: è un deposito dove trovano posto «ricordi di rifiuto» [...]
Qui un'intervista ad un autore americano che di recente ha trasformato La strada in uno spettacolo teatrale
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